Una massima di Umberto Eco così recita:« Chi non legge, a 70 anni avrà
vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c'era
quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava
l'infinito. Perché la lettura è un'immortalità all'indietro. »
Con
il libro di Giuseppe Russo viviamo una guerra
dimenticata, partecipando ad eventi davvero singolari.
È un libro che si distingue nel panorama
letterario sulla II Guerra mondiale.
Quando si parla di guerra il primo
pensiero va alla perdita di vite umane, ai caduti. Giuseppe Russo, invece,
parla dei “caduti di pietra”, come chiarisce il sottotitolo che rimanda al
primo libro della programmata trilogia.
La guerra non distrugge solo vite umane,
ma distrugge il patrimonio culturale, una perdita, il cui valore è
incalcolabile.
Noi siamo la nostra memoria. La memoria
è l’anima. Perdere totalmente la memoria, significa degradare allo stato vegetale,
senz’anima.
La memoria collettiva è l’identità
collettiva. La conservazione dell’identità si attua attraverso la conservazione
della cultura, del nostro patrimonio culturale. Noi siamo esseri temporali,
viviamo nel tempo, siamo come l’atleta che per fare un balzo in avanti deve
fare prima un passo indietro, il passo indietro nel nostro passato culturale
per poterci proiettare nel futuro, richiamando ancora Umberto Eco.
«Noi siamo come nani issati sulle
spalle di giganti, cosicché possiamo vedere più e più lontano di loro, non per
l'acutezza dello sguardo o per la statura del corpo, ma perché siamo sollevati
in alto dalla loro mole gigantesca».
Questa metafora, comunemente attribuita
a Bernardo di Chartres, filosofo francese del Medioevo, sta a sottolineare, tra
l’altro, l'importanza del rapporto, vivo
e intenso con la nostra memoria storica, la feconda
continuità con la tradizione culturale del passato, senza la quale sarebbe
impossibile lo sguardo in avanti.
E quando una guerra distrugge il nostro
patrimonio culturale ha compiuto un grave danno per il nostro balzo in avanti,
lo ha reso fiacco.
Ogni
guerra, assieme alle vite umane, spazza via anche l’eredità che gli uomini del
passato hanno lasciato. Ma di questo non si parla nei libri di storia.
Giuseppe Russo con la sua ricerca va a
colmare un vuoto nella nostra memoria collettiva, restituendoci una parte
importante del nostro passato perduto, la storia che si tralascia, lo scempio
compiuto sulle nostre chiese, sui nostri monasteri, sulle regge, sui teatri, ma
anche nei luoghi che segnavano il tempo della vita collettiva, come gli stadi, i
caffè storici, le piazze, le biblioteche, la rete dei rapporti economici che
davano sostentamento a tante famiglie.
Una
tragedia immane alla quale si cercò di porre rimedio con atti di vero eroismo
per salvare il nostro Sud dal saccheggio dei nazisti in ritirata e dalle bombe
degli angloamericani.
La
nostra terra subì una tremenda devastazione.
Il
nemico non mirò solo all’uccisione di uomini, ma a cancellare i luoghi sacri
dell’arte, a distruggere, la nostra identità culturale, cancellare la nostra
anima.
Doveroso,
quindi, l’omaggio a quanti hanno difeso il nostro patrimonio culturale, mettendo
a repentaglio la propria vita, nomi spesso rimasti nell’ombra.
Un plauso
a Giuseppe Russo per aver sottratto all’oblio del tempo pagine di storia così
importanti, attraverso una parola che dialoga con la tradizione, un bagaglio culturale scrigno di voci presenti e passate.
Un
invito ai giovani a tutelare i beni affidati dagli
avi.
Siate
sentinelle vigili della memoria.
Siate
sentinelle dell’anima, perché essa ci fa umani.
Non dimentichiamolo.
Michela Buonagura
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