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martedì 21 marzo 2017

GIORNATA MONDIALE DELLA POESIA: VIAGGIAMO FUORI ROTTA


GIORNATA MONDIALE DELLA POESIA: VIAGGIAMO FUORI ROTTA

di Michela Buonagura

Michela Buonagura si presenta al suo pubblico con la raccolta poetica Viaggiamo fuori rotta. Ribadisce così la fertile vena poetica e il suo impegno civile. Non delude.
È il titolo a guidarci nell’interpretazione e ci fa scorrere nel  fiume di parole che  aprono squarci di un mondo in delirio, fuori rotta.
Tutto il male del mondo è dipinto con parole di fuoco, marchi, a segnare le morti, le sopraffazioni, le disuguaglianze, le sofferenze degli emarginati, che nella  voce poetica di Michela  riscattano la loro condizione.  
Raccontano la loro storia, ritornano a vivere e pretendono visibilità e cittadinanza.
Michela accoglie il grido di dolore dei derelitti, sa dare voce alle loro sofferenze, uomini e donne che inconsapevolmente sono  archetipi del dolore di sé e degli altri, che non ancora hanno il coraggio delle loro azioni e soccombono di fronte alla loro stessa incapacità di trovare la strada giusta. Vittime degli stessi pregiudizi che combattono, ingabbiati nel ruolo che hanno scelto e di cui non sanno liberarsi, incapaci di comunicare e di svincolarsi dalla prigione della loro vita.
Michela  sussurra le loro voci, urla le loro grida, rigurgita i loro singhiozzi, mossa a pietà per le loro angustie. Si piega ad ascoltarne  gli ultimi aliti vitali e si libra sulle ali della Musa ispiratrice per rendere l’ultimo omaggio alle loro esistenze. Dà loro uno spiraglio di eternità, che il maligno?/ il destino?/il caso? hanno voluto troncare, facendo tacere per sempre le voci.
La sua ispirazione trabocca come un fiume in piena: il male del mondo declinato in tutte le sue espressioni, guerre, fame, violenza, pregiudizi, invidia, femminicidi, terra dei fuochi, inquinamento, immigrazione, patologia da gioco, discriminazioni sociali, calunnie.
Prorompe impetuosa la linfa vitale della poesia, talvolta si dipana pacata, serena, quando l’ispirazione si fa meditazione, catarsi del sentimento, sedimentato nell’animo, nella carne.  
Anche i sogni e le illusioni dell’adolescenza trovano spazi nei suoi versi e lasciano trapelare, nonostante le note pessimistiche, un barlume di luce e ispirano l’amore verso il prossimo.
La poesia di Michela brulica di impegno civile, al quale si è votata fin da adolescente, nella speranza che si potessero cancellare le disuguaglianze sociali, che a tutti fosse predestinata la felicità, la possibilità di crearsi un futuro dignitoso. Speranze diventate illusioni,  che non hanno spento lo spirito né mortificato  l’ impegno sociale, al quale dedica il suo tempo, anche attraverso l’attività di docente, stimolando gli allievi a non rinunciare ai sogni e a non farsi irretire dalle trombe dei pifferai, che rubano loro i sogni.
La cifra  tematica delle liriche è la condizione di paranoia della società, ingabbiata da vorticosi meccanismi contro natura, che Michela suggerisce possono essere combattuti attraverso la forza creatrice della poesia. Così episodi di cronaca, fatti che si confondono col tempo nella nostra memoria, prendono il volto di persone, di vite che ci aiutano a capire e a restituire profondità al nostro pensiero.
La sensibilità dell’autrice le consente uno sguardo straordinario tale da penetrare il fragile tessuto della società civile.
La lingua si carica di miti, di essenze antiche, di pregnanze classiche, di storia. È una poesia figlia del tempo classico andato, ma declinato con i temi attuali, vissuti, sofferti, gridati, urlati. I temi dirompenti  si sublimano nella musicalità dei versi, che spesso oscillano tra endecasillabo e decasillabo. Versi liberi, ma ricchi di rimandi poetici, di arditi ossimori, metafore, sineddochi, consonanze e assonanze, che richiamano il grande substrato filologico dell’autrice, che padroneggia con arte e artificio.
La sperimentazione linguistica operata con neologismi ed espressioni lessicali  combinate, come poesia figurata, manifesta l’ardita coerenza della poetessa a visualizzare in modo figurativo il senso profondo del contenuto lirico in un afflato totale pieno alla situazione narrata, in un’osmosi linguistica a creare nuovi spazi della parola di forme espressive adeguate alla nuova estetica.
Dopo la lettura della  liriche ci sentiamo umani,  avvertiamo le nostre debolezze e  i nostri limiti, ma siamo pieni della consapevolezza che il futuro può essere diverso, si può cambiare rotta, perché dipende da noi ritrovare la strada dell’umanità. La poesia ha vinto.
M. M. Nappi



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