GIORNATA
MONDIALE DELLA POESIA: VIAGGIAMO FUORI ROTTA
di Michela
Buonagura
Michela
Buonagura si presenta al suo pubblico con la raccolta poetica Viaggiamo fuori rotta. Ribadisce così la
fertile vena poetica e il suo impegno civile. Non delude.
È
il titolo a guidarci nell’interpretazione e ci fa scorrere nel fiume di parole che aprono squarci di un mondo in delirio, fuori rotta.
Tutto
il male del mondo è dipinto con parole di fuoco, marchi, a segnare le morti, le
sopraffazioni, le disuguaglianze, le sofferenze degli emarginati, che nella voce poetica di Michela riscattano la loro condizione.
Raccontano
la loro storia, ritornano a vivere e pretendono visibilità e cittadinanza.
Michela
accoglie il grido di dolore dei derelitti, sa dare voce alle loro sofferenze,
uomini e donne che inconsapevolmente sono
archetipi del dolore di sé e degli altri, che non ancora hanno il
coraggio delle loro azioni e soccombono di fronte alla loro stessa incapacità
di trovare la strada giusta. Vittime degli stessi pregiudizi che combattono,
ingabbiati nel ruolo che hanno scelto e di cui non sanno liberarsi, incapaci di
comunicare e di svincolarsi dalla prigione della loro vita.
Michela
sussurra le loro voci, urla le loro
grida, rigurgita i loro singhiozzi, mossa a pietà per le loro angustie. Si
piega ad ascoltarne gli ultimi aliti
vitali e si libra sulle ali della Musa ispiratrice per rendere l’ultimo omaggio
alle loro esistenze. Dà loro uno spiraglio di eternità, che il maligno?/ il
destino?/il caso? hanno voluto troncare, facendo tacere per sempre le voci.
La
sua ispirazione trabocca come un fiume in piena: il male del mondo declinato in
tutte le sue espressioni, guerre, fame, violenza, pregiudizi, invidia,
femminicidi, terra dei fuochi, inquinamento, immigrazione, patologia da gioco,
discriminazioni sociali, calunnie.
Prorompe
impetuosa la linfa vitale della poesia, talvolta si dipana pacata, serena,
quando l’ispirazione si fa meditazione, catarsi del sentimento, sedimentato
nell’animo, nella carne.
Anche
i sogni e le illusioni dell’adolescenza trovano spazi nei suoi versi e lasciano
trapelare, nonostante le note pessimistiche, un barlume di luce e ispirano l’amore
verso il prossimo.
La
poesia di Michela brulica di impegno civile, al quale si è votata fin da
adolescente, nella speranza che si potessero cancellare le disuguaglianze
sociali, che a tutti fosse predestinata la felicità, la possibilità di crearsi
un futuro dignitoso. Speranze diventate illusioni, che non hanno spento lo spirito né mortificato
l’ impegno sociale, al quale dedica il
suo tempo, anche attraverso l’attività di docente, stimolando gli allievi a non
rinunciare ai sogni e a non farsi irretire dalle trombe dei pifferai, che
rubano loro i sogni.
La
cifra tematica delle liriche è la condizione
di paranoia della società, ingabbiata da vorticosi meccanismi contro natura,
che Michela suggerisce possono essere combattuti attraverso la forza creatrice
della poesia. Così episodi di cronaca, fatti che si confondono col tempo nella
nostra memoria, prendono il volto di persone, di vite che ci aiutano a capire e
a restituire profondità al nostro pensiero.
La
sensibilità dell’autrice le consente uno sguardo straordinario tale da
penetrare il fragile tessuto della società civile.
La
lingua si carica di miti, di essenze antiche, di pregnanze classiche, di
storia. È una poesia figlia del tempo classico andato, ma declinato con i temi
attuali, vissuti, sofferti, gridati, urlati. I temi dirompenti si sublimano nella musicalità dei versi, che
spesso oscillano tra endecasillabo e decasillabo. Versi liberi, ma ricchi di
rimandi poetici, di arditi ossimori, metafore, sineddochi, consonanze e
assonanze, che richiamano il grande substrato filologico dell’autrice, che
padroneggia con arte e artificio.
La
sperimentazione linguistica operata con neologismi ed espressioni lessicali combinate, come poesia figurata, manifesta l’ardita
coerenza della poetessa a visualizzare in modo figurativo il senso profondo del
contenuto lirico in un afflato totale pieno alla situazione narrata, in
un’osmosi linguistica a creare nuovi spazi della parola di forme espressive
adeguate alla nuova estetica.
Dopo
la lettura della liriche ci sentiamo
umani, avvertiamo le nostre debolezze e i nostri limiti, ma siamo pieni della consapevolezza
che il futuro può essere diverso, si può cambiare rotta, perché dipende da noi
ritrovare la strada dell’umanità. La poesia ha vinto.
M. M. Nappi