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giovedì 30 giugno 2016

IL CHAOS DENTRO E FUORI L’ESSERE




In principio era il Chaos, uno spazio indefinibile e imprevedibile, di fronte al quale l’uomo provava terrore, un terrore che lo portò a cercare i suoi simili per comprendere e controllare l’inconoscibile. 
In che modo? 
Inizialmente con la religione, successivamente con la ragione, quindi fissò le norme. 
Il mezzo più efficace per veicolarle fu il mito. Il mito rappresenta un momento fondamentale nella formazione dell’identità dell’uomo; celebra un sistema di valori, costituisce l’exemplum, stabilisce modelli di comportamento, offre saperi pratici e li trasmette alle generazioni successive. 
Alla stessa finalità si collega la tragedia, che ancor più del racconto mitico, coinvolgeva lo spettatore, suscitando il raccapriccio verso l’orrido rappresentato, e lo muoveva alla pietà, attuando la catarsi e la funzione educativa.
Oggi, la visione dei fatti di sangue avviene tramite il mezzo televisivo e la rete. La cronaca nera, per certi aspetti, risuscita la tragedia, con la sua fatalità, l’orribile, l’illecito, l’immaginario collettivo, nel bene e nel male. Ma la visione dell’accaduto non si compie con l’espiazione e la catarsi, nello spazio contenuto del sacro, bensì in uno spazio desacralizzato, dove il pathos si diluisce nelle numerose notizie simili, divorato dalla velocità dei mass media. L’orrore, nonostante sia reale, al contrario della rappresentazione fittizia, consumato al di là del vetro, si concretizza più lontano di quanto accadeva durante la visione della tragedia, altrove, ad altri non a me. La catarsi scompare.
Un tempo, la famiglia tutta ascoltava, guardava i fatti di cronaca commentando con riflessioni collettive e i genitori coglievano l’occasione per trasmettere valori e comportamenti corretti, sollecitando nei figli anche il racconto di esperienze personali. 
Poi, i modi di vita sono profondamente mutati: oggi, la fretta del vivere, l’ansia dell’affermazione materiale lasciano poco spazio al rapporto tra il sé e l’altro, tra marito e moglie, tra genitori e figli.
All’educazione dei valori morali è subentrata la preoccupazione di non far mancare i beni materiali, che spesso vanno a riempire un vuoto affettivo e di attenzione. 
Ma in assenza di una guida, una sorta di Virgilio-ratio, ci si smarrisce nella selva-chaos, ciascuno si fa un’idea personale del bene e del male, vive senza regole, calpestando i principi fondamentali della civile convivenza. 
E non ci stupiamo se dei giovani stuprano una ragazzina, a turno, come se si passassero una palla. Volevano scherzare, ha detto qualche genitore a difesa del figlio. 
Non era una partita di pallone. Quei ragazzi, bravi ragazzi come tanti, figli di famiglie normali come tante, hanno rovinato per sempre la vita di una ragazzina e la loro. 
È successo a San Valentino Torio, in provincia di Salerno, a pochi chilometri dal nostro paese. L’hanno rapita in strada, mentre passeggiava, l’hanno presa come si prende qualcosa che si trova per caso, un oggetto, di cui ci si può appropriare e fare ciò che si vuole, meglio insieme, meglio in branco. 
Nel branco non c’è colpa e non c’è punizione. Il branco è l’indistinto, l’aggregato informe in cui l’individuo scompare, Ciascuno è Nessuno, Outis, senza identità, impunibile. 
L’identità, al contrario, ci costringe a presentarci all’altro, a sottoporci all’elogio e al biasimo, a essere giudicati per le nostre azioni in rapporto a un nome, una famiglia, un luogo. 
Il branco è Chaos primigenio, dove il bene e il male si confondono, saltano le barriere, deborda l’istinto primordiale del nostro essere ferino. 
Ma quando poi si riacquista l’identità, Ciascuno dovrà fare i conti con il proprio nome, con i valori morali della comunità di appartenenza. 
Verrà punito, ridiventerà Nessuno e dovrà intraprendere un percorso di formazione per recuperare nome e identità.

Michela Buonagura

@diritti riservati


















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