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La scrittura è uno strumento di conoscenza.
Fa luce dentro di te e rende chiaro qualcosa che prima era oscuro.

domenica 30 ottobre 2016

STORIE IN BOTTIGLIA

 


Venti penne. Venti storie. E una grande scommessa: coinvolgere venti scrittori italiani in una narrazione collettiva tesa a sostenere nobili iniziative sociali e umanitarie.
Venerdì 28 ottobre a Palma Campania, nel teatro comunale, il L.C. Palma Vesuvio est è stato presentato il libro collettivo "Storie in bottiglia. Venti scrittori per l'Africa" scritto e pubblicato per sostenere il progetto di solidarietà "Cittadinanza umanitaria" perché tutti gli uomini hanno il diritto a "cercare la felicità", curato da Ivan de Giulio, presidente del L.C. Palma Vesuvio est.
All’evento, oltre al curatore, hanno preso parte Ermanno Bocchini, P.I.D. Lions Clubs International, lo scrittore e storico Vincenzo Ammirati, il giornalista-scrittore Pasquale Iorio e il giornalista Rai e scrittore Luciano Scateni. Per i saluti istituzionali del comune di Palma Campania il Sindaco Vincenzo Carbone e l’assessore alla cultura Sabato Simonetti.
Il libro è dedicato ad Antonio Carbone, "giovane fiore, che in una notte d’estate, un angelo venuto sulla terra vide, colse e portò al Signore". A memoria sua e di tutti i giovani che si sono allontanati prematuramente dai loro cari.
Con questo progetto si affianca e supporta il Centro Internazionale di Ricerche Cittadinanza Umanitaria, diretto da Ermanno Bocchini, il quale ha voluto che si gli aiuti umanitari si convertissero  in investimenti umanitari, realizzando programmi di sviluppo tesi a rendere autonome le comunità destinatarie degli interventi.
“Aiutarli oggi a non chiedere più aiuto domani”. Questo il motto che guida il progetto.
«Partendo dal monito degli esperti delle Nazioni Unite secondo cui nessun paese è mai uscito dal sottosviluppo grazie ai vecchi aiuti umanitari -sottolinea Ivan De Giulio, curatore dell’iniziativa editoriale e presidente del Lions Club di Palma C. – con questo progetto vogliamo affiancare e supportare il Centro Internazionale di Ricerche Cittadinanza Umanitaria, diretto da Ermanno Bocchini, il quale ha voluto che si sperimentasse una nuova metodologia che convertisse gli aiuti umanitari in investimenti umanitari, realizzando programmi di sviluppo tali da rendere autonome le comunità destinatarie degli interventi».
Un progetto culturale ambizioso che crea un ponte ideale tra Italia e Africa a sostegno di nobili iniziative umanitarie.
Gli scritti, pur spaziando tra tematiche distanti tra loro, promuovono e muovono i “buoni sentimenti”. Proprio nella diversità delle storie sta il fascino del libro, che si offre come un grande spazio in cui entrare, girare, perdersi, per poi trovare una o più porte d’uscita. 
Questi i nomi degli autori presenti in “Storie in bottiglia”: Luciano Scateni, Giusy Nunziata Carbone, Giuseppe Allocca, Maria Lucia Ambrosio, Vincenzo Ammirati, Michela Buonagura, Savino Carrella, Carmine Cimmino, Pietro Damiano, Klem D’Avino, Ivan De Giulio, Placido de Martino, Guido De Pietro, Francesco Iervolino, Pasquale Iorio, Luigi Iroso, Giuseppe Malinconico, Antonio Pesce, Mario Rosario Ponsiglione, Angela Sorrentino.

Michela Buonagura

























giovedì 30 giugno 2016

IL CHAOS DENTRO E FUORI L’ESSERE




In principio era il Chaos, uno spazio indefinibile e imprevedibile, di fronte al quale l’uomo provava terrore, un terrore che lo portò a cercare i suoi simili per comprendere e controllare l’inconoscibile. 
In che modo? 
Inizialmente con la religione, successivamente con la ragione, quindi fissò le norme. 
Il mezzo più efficace per veicolarle fu il mito. Il mito rappresenta un momento fondamentale nella formazione dell’identità dell’uomo; celebra un sistema di valori, costituisce l’exemplum, stabilisce modelli di comportamento, offre saperi pratici e li trasmette alle generazioni successive. 
Alla stessa finalità si collega la tragedia, che ancor più del racconto mitico, coinvolgeva lo spettatore, suscitando il raccapriccio verso l’orrido rappresentato, e lo muoveva alla pietà, attuando la catarsi e la funzione educativa.
Oggi, la visione dei fatti di sangue avviene tramite il mezzo televisivo e la rete. La cronaca nera, per certi aspetti, risuscita la tragedia, con la sua fatalità, l’orribile, l’illecito, l’immaginario collettivo, nel bene e nel male. Ma la visione dell’accaduto non si compie con l’espiazione e la catarsi, nello spazio contenuto del sacro, bensì in uno spazio desacralizzato, dove il pathos si diluisce nelle numerose notizie simili, divorato dalla velocità dei mass media. L’orrore, nonostante sia reale, al contrario della rappresentazione fittizia, consumato al di là del vetro, si concretizza più lontano di quanto accadeva durante la visione della tragedia, altrove, ad altri non a me. La catarsi scompare.
Un tempo, la famiglia tutta ascoltava, guardava i fatti di cronaca commentando con riflessioni collettive e i genitori coglievano l’occasione per trasmettere valori e comportamenti corretti, sollecitando nei figli anche il racconto di esperienze personali. 
Poi, i modi di vita sono profondamente mutati: oggi, la fretta del vivere, l’ansia dell’affermazione materiale lasciano poco spazio al rapporto tra il sé e l’altro, tra marito e moglie, tra genitori e figli.
All’educazione dei valori morali è subentrata la preoccupazione di non far mancare i beni materiali, che spesso vanno a riempire un vuoto affettivo e di attenzione. 
Ma in assenza di una guida, una sorta di Virgilio-ratio, ci si smarrisce nella selva-chaos, ciascuno si fa un’idea personale del bene e del male, vive senza regole, calpestando i principi fondamentali della civile convivenza. 
E non ci stupiamo se dei giovani stuprano una ragazzina, a turno, come se si passassero una palla. Volevano scherzare, ha detto qualche genitore a difesa del figlio. 
Non era una partita di pallone. Quei ragazzi, bravi ragazzi come tanti, figli di famiglie normali come tante, hanno rovinato per sempre la vita di una ragazzina e la loro. 
È successo a San Valentino Torio, in provincia di Salerno, a pochi chilometri dal nostro paese. L’hanno rapita in strada, mentre passeggiava, l’hanno presa come si prende qualcosa che si trova per caso, un oggetto, di cui ci si può appropriare e fare ciò che si vuole, meglio insieme, meglio in branco. 
Nel branco non c’è colpa e non c’è punizione. Il branco è l’indistinto, l’aggregato informe in cui l’individuo scompare, Ciascuno è Nessuno, Outis, senza identità, impunibile. 
L’identità, al contrario, ci costringe a presentarci all’altro, a sottoporci all’elogio e al biasimo, a essere giudicati per le nostre azioni in rapporto a un nome, una famiglia, un luogo. 
Il branco è Chaos primigenio, dove il bene e il male si confondono, saltano le barriere, deborda l’istinto primordiale del nostro essere ferino. 
Ma quando poi si riacquista l’identità, Ciascuno dovrà fare i conti con il proprio nome, con i valori morali della comunità di appartenenza. 
Verrà punito, ridiventerà Nessuno e dovrà intraprendere un percorso di formazione per recuperare nome e identità.

Michela Buonagura

@diritti riservati


















martedì 28 giugno 2016

MEDAGLIE




E che potevo avere? 11 anni?
Ricordo come fosse ieri
quando spuntò
quel bottoncino dolorante.
Subito esplose l’altro (prepotente)
che - cresciuto dopo -
è restato sempre più piccino
del suo maggior fratello.

Con maglioni larghi
di due volte la misura
(quelli di mia sorella)
mi sforzavo a coprire
quei due puntini sulla canottiera
- la mia prima vergogna-.

Ma col passar del tempo
mi sono armata e amata
e baldanzosa le portavo in giro
quelle due collinette festose
-a testa alta- come due medaglie.

Divenuta donna - madre -
mi son gloriata della prosperità
con i miei monticelli contenuti
da un reggiseno di una taglia in più.

Ma è durata poco.
Mi hanno spianata - ieri - .
Or sono un deserto senza dune
una distesa con qualche cicatrice
a ricordo di un amor che un tempo fu.

Michela Buonagura
@diritti riservati