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La scrittura è uno strumento di conoscenza.
Fa luce dentro di te e rende chiaro qualcosa che prima era oscuro.

mercoledì 22 ottobre 2014

FORTUNA




FORTUNA

Son volata giù come l’aeroplano di Mattia, ma non avevo le ali e ho fatto Buum. Io gli ho creduto a zio Lorenzo quando mi ha detto Vieni, proviamo come vola Wonder Woman, io poi ti seguo, lo sai sono Superman. Ma non ha funzionato, e zio Lorenzo non ha fatto Superman, ci avrà ripensato.
La voce di mamma mi cercava Fortuna! Fortuna! Ma dove ti sei cacciata?
Che nome, Fortuna. Forse mamma mi ha dato questo nome per togliersi il pensiero, mi ha augurato tanta fortuna appena sono nata, voleva che diventassi principessa. Tu sei la mia principessa!
Per carnevale mi comprò pure il vestito con tanti nastri e la corona, mi fece le foto il babbo, e le facevano vedere a tutti, Vedete vedete la nostra principessa. Zio Lorenzo mi diede un bacio sulla guancia e mi accarezzò, disse che ero bellissima.
Ma principessa fui solo quel giorno.
Il giorno dopo, quando tornai a scuola e mi si ruppe la scarpa mentre correvo perché avevo fatto tardi, babbo disse Fortuna, dobbiamo aspettare la fine del mese.
Le scarpe non si devono rompere a metà mese, alla fine, quando arriva la paga. Così, ho strofinato il piede fino alla fine del mese per non far vedere a quelle smorfiose delle mie amiche che avevo la scarpa rotta.
Alla fine del mese però c’era la luce da pagare, si chiama bolletta, come quella che gioca mio cugino al bar sotto casa. Babbo ha detto Fortuna le scarpe le compriamo a fine mese. Mi son messa a piangere. Il piede già mi faceva tanto male a furia di trascinarlo, dovevo trascinarlo ancora un mese?
Meno male che zio Lorenzo, che viene tutte le sere a casa per darmi la buonanotte, ha sentito, e me le ha volute regalare lui. Babbo e mamma erano felici, io no. Io non ero felice perché già lo so che quando mi fa un regalo vuole sempre qualcosa. Mi dai un bacino? Mi fai vedere le mutandine nuove che ti ho comprato al mercato? Ora che mi comprerà le scarpe vorrà vedere i piedi. Che bei piedini che hai!
Mamma dice che zio Lorenzo è un tesoro, perché viene tutti i pomeriggi a farmi compagnia quando lei è al lavoro. Lui non è proprio zio, E un bacino a zio Lorenzo non lo dai? Lui dice che è zio e io lo devo chiamare così, dice mamma per educazione.
Io sono educata e quando zio Lorenzo mi ha fatto quella cosa e mi ha detto di non dirlo io ho ubbidito, dice mamma che bisogna ubbidire ai grandi.
Non le ho detto neanche che mi ero fatta male, e quando mi son messa a piangere zio Lorenzo mi ha comprato il gelato, al bar sotto casa. Mi ha anche lavata perché ero sporca e mi ha messo il pigiamino e mi ha fatta mettere a letto. Quando è tornata mamma io ho fatto finta di dormire, ma l’ho sentita quando ha detto Come farei senza di te Lorenzo? Ti dovevi sposare, saresti stato un padre perfetto.
Mia mamma non capisce proprio niente, ha detto zio che quando sarò grande sposerà me. Ma io non lo voglio, è vecchio, io voglio sposare Luca, il mio compagno di banco.
Sto gridando da ore e mamma neanche mi sente. Ha acceso la tele, sta guardando La prova del cuoco, con quella presentatrice che mangia sempre e poi dice che ingrassa.
Ma ti vuoi affacciare? Sono qui nel cortile, non mi vedi? Fa tanto caldo.
 
 (liberamente ispirato all’Irrealtà)
 
 Michela Buonagura
@diritti riservati

giovedì 9 ottobre 2014

IL PALLONE- PREMIO SPECIALE INFANZIA




IL PALLONE

A scuola cerco sempre di anticiparmi i compiti, devo guadagnare tempo, perché il pomeriggio vado a lavorare.
L’autolavaggio è vicino casa mia, ci vado tutti i giorni alle quattro, non è faticoso e poi vedo tanta gente, tutti mi conoscono.
Peppì, m’arraccomanne, fa’ ‘o servizio buono!
Io cerco di accontentarli, spazzolo bene i peli del cane sulla moquette, strofino la macchia di caffè sul sedile, pulisco il vomito del bambino vicino al finestrino.
Il cliente va servito a dovere, deve andarsene soddisfatto, altrimenti non torna più e ‘o padrone me licenzia.
A me la paga che mi dà mi serve, mi voglio comprare il motorino, così sono più figo e magari trovo pure una ragazza.
Nessuna mi fila, perché songo nu poco chiatto, me piace e magnà. Il cornetto la mattina, ‘o ragù ‘a domenica, le melenzane alla parmigiana che mi fa mia nonna. A casa mia cucina lei, pranzetti da leccarsi i baffi, ate che Mc Donald!
Il profumo lo sento dalle scale  quando torno da scuola e pure che ho mangiato il panino con la mortadella, mi si apre lo stomaco; le scale le faccio a quatt a quatt, nu veco ll’ora e m’assettà a tavola e ‘e magnà comme a ‘nu pascià.
I miei compagni mi sfottono, mi chiamano palla ‘e larde, vorrei vedere loro se tenessero ‘na nonna comme ‘a mia.
Io non li penso, ogni tanto mi piglio collera, pecchè ancora nu tengo ‘a uagliona, nessuna mi vuole dire Si! Perchè sono chiatto, ma quando avrò il motorino tutte mi diranno Me puorte a fa’ ‘no giro? In motorino mi devono abbracciare, per non cadere.
Mia sorella dice che non mi filano pure perché so troppo buono, oggi i buoni sono fuori moda, le ragazze corrono appresso a chi è più cattivo. E chi le capisce? Dicono che chi è troppo buono è fesso, io non so’ fesso, mi faccio i fatti miei, e pure se mi faccio i fatti miei c’è sempre qualcuno che si vuole fare pure lui i miei.
L’altro giorno, mentre pulivo una Mercedes, non sono arrivati tre che hanno cominciato a sfottere? Io non gli avevo fatto nulla, stavo togliendo la polvere dai tappetini della Mercedes e mi ero abbassato a testa in giù per pulirli bene, chillo ‘o padrone è nu pignuolo!
E quelli che fanno? Mentre uno mi teneva fermo in quella posizione, un altro mi strappa dalle mani il compressore e me lo infila proprio lì.
Io gridavo Me sente ‘e murì, ma quelli ridevano chiattò, mo te gunfiammo nujeM’avevano pigliate pe’ nu’ pallone!
Mi hanno portato all’ospedale, ho dormito per tre giorni, quando mi sono svegliato mi faceva male la pancia.
Mamma ha detto che era perché i dottori mi avevano tolto l’aria dalla pancia. Poi mi sono addormentato un’altra volta, perché il dottore mi ha dato la medicina, ma l’ho sentita mamma che piangeva quando ha detto a mio padre deve portare ‘a borsa.
‘A borsa? Sarà un altro scherzo, perché io sono maschio e la borsa non la porto, forse mia madre piangeva perchè è una borsa firmata, per questo. Mammà, nu chiagne, io so’ mascolo, nu me serve ‘a borsa.

Michela Buonagura
 

 
Secondo classificato al concorso letterario "Speciale infanzia 2016" indetto dall'associazione M.A.R.E.L. Ricevo il premio dalla scrittrice Dacia Maraini. Emozionata.









 



DISTESA SULLA LUCE DELL'ALBA - X -




Più lieve dell’aria
ti sento.

Ancora vorace
mi mordi
l’ orecchio
affamato d’amore.

Spuntiamo.

Michela Buonagura
dalla raccolta - Distesa sulla luce dell'Alba -