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La scrittura è uno strumento di conoscenza.
Fa luce dentro di te e rende chiaro qualcosa che prima era oscuro.

sabato 1 febbraio 2025

I DISOBBEDIENTI DEL MONDO NUOVO DI PATRIZIA RINALDI



In occasione della decima edizione di Un libro sotto l’albero, la rassegna culturale inaugurata e portata avanti dalla Vicesindaco dott.ssa Elvira Franzese, con la direzione dello scrittore Luigi Romolo Carrino, ho avuto il piacere di presentare Patrizia Rinaldi, e il suo ultimo lavoro, I disobbedienti del mondo nuovo.


Patrizia Rinaldi è laureata in Filosofia, vive e lavora a Napoli, dove da anni è impegnata nella formazione dei giovani attraverso laboratori di lettura e scrittura, in particolare nei quartieri più difficili, dove il suo impegno si intreccia con quello delle Associazioni Onlus che lavorano con i ragazzi “a rischio”. Ma la sua attività di scrittrice non si ferma qui: da anni, infatti, è anche parte del gruppo di autori che conducono il laboratorio di scrittura nell’Istituto Penale Minorile di Nisida, dove la sua passione per la letteratura diventa uno strumento di riscatto e di crescita per chi vive in situazioni di marginalità.

Patrizia è un’autrice pluripremiata: tra i suoi riconoscimenti più importanti c’è il Premio Andersen come Miglior Scrittore, il maggiore premio italiano per la letteratura per ragazzi.

I suoi libri sono stati pubblicati da alcune delle case editrici più prestigiose, tra cui Rizzoli, Edizioni E/O, Giunti, Lapis e Sinnos, e sono tradotti in numerose lingue, tra cui tedesco, ungherese, inglese, serbo e spagnolo.

Tra le sue opere di maggiore successo, ricordiamo i romanzi che hanno per protagonista Blanca, una poliziotta ipovedente. Dalle pagine di Blanca è stata una serie televisiva che ha riscosso un grande successo, sia su Rai 1 che su Netflix, e che ha portato la scrittura di Patrizia Rinaldi a un pubblico ancora più ampio.

La sua scrittura, che riesce a toccare temi profondi e universali, ha conquistato lettori di tutte le età, ma è soprattutto nel genere della letteratura per ragazzi che ha trovato la sua più grande espressione.

I disobbedienti del mondo nuovo. Un’opera che racconta una storia mozzafiato, offrendo anche una riflessione profonda sul presente.

Ambientato in un futuro distopico dominato da un’oligarchia di tiranni, questo romanzo ci immerge in una società dove l’isolamento è imposto come norma, cancellando ogni forma di connessione umana. In questo scenario, quattro giovani, segnati dalle cicatrici di un mondo che ha perso la sua umanità, si ribellano all'oppressione. Troveranno la forza di disobbedire e di intraprendere un viaggio in cerca di libertà, sfidando il sistema che li tiene prigionieri.

La solitudine è la condanna, la convivenza sociale un ricordo distante. I giovani vivono rinchiusi nelle loro stanze, simili a Hikikomori, seguendo le rigide regole imposte dal regime. Ma nonostante l'oscurità che li circonda, questi ragazzi coltivano la speranza e riscoprono la forza della solidarietà e del coraggio. Il loro viaggio, impossibile ma necessario, diventa l’unica via per non perdere la propria umanità.




Con la scrittrice hanno dialogato gli studenti delle scuole A. De Curtis e Vincenzo Russo.

Questo romanzo ci spinge a riflettere sul valore dell’umanità, sull’importanza della connessione e sul coraggio di cambiare il mondo, anche quando sembra che tutto sia fermo.

La scrittrice, con il suo stile coinvolgente, ci trascina in un’avventura carica di tensione, dove si affrontano temi cruciali come la libertà, il corpo, la resistenza, la diversità e la bellezza della vita. Tematiche che risuonano particolarmente oggi, quando le giovani generazioni si trovano sempre più spesso a lottare contro un senso di disconnessione e solitudine alimentato dalle tecnologie e dalla società.

Patrizia, che da anni lavora a stretto contatto con i giovani e con chi vive in situazioni di difficoltà, ha saputo dar vita a una storia che non è solo un romanzo di formazione, ma anche una riflessione forte e necessaria sul nostro presente. La sua esperienza nei contesti più difficili, con ragazzi che vivono realtà di marginalità, emerge con forza nel suo scritto, facendoci riflettere sull'importanza di non arrendersi mai, di cercare sempre la luce, anche nei luoghi più oscuri.


Michela Buonagura


















domenica 17 novembre 2024

CONTO I PASSI A VICO DI PALMA CAMPANIA (NA)

 

Sabato scorso 9 novembre 2024 a Vico di Palma presso il Circolo Tenente Tommaso Carbone, ho presentato il libro Conto i passi - Storie di Disamore. La sala, che si presta bene al salotto letterario, era piena di un pubblico attento, interessato per una tematica attuale, la violenza fisica e psicologica contro le donne.  


L’incontro è stato moderato da Adelina Mauro, che ha introdotto con grande sensibilità il mio lavoro e le tematiche trattate nel libro. Dopo i saluti iniziali e l’intervento di Elvira Franzese, Presidente del Consiglio Comunale di Palma Campania, che ha sottolineato l’importanza di educare ai valori affettivi, è stato il mio turno di raccontare qualcosa di più su di me, sul mio percorso di scrittura e sull’impegno sociale che accompagna ogni mio progetto.

 


Un momento molto significativo per me è stato il dialogo con Luigi Romolo Carrino, che ha curato la quarta di copertina del libro. Abbiamo parlato della potenza del mio lavoro, dell’impegno che c’è dietro ogni parola scritta, e di come il titolo *Conto i passi* sia nato dall’emozione suscitata dalla celebre installazione delle scarpe rosse dell’artista messicana Elina Chauvet, che denuncia il femminicidio e gli abusi sulle donne. È un'immagine che mi ha segnato, e che credo rifletta perfettamente la drammaticità delle storie che racconto nel mio libro. 

Luigi Romolo Carrino ha ricordato i tanti eventi che ho organizzato in vari paesi della Campania già prima della pubblicazione della raccolta di monologhi, poi mi ha chiesto:

Il titolo del libro si richiama a una lirica nata dall’emozione suscitata dall’installazione nel 2009 delle scarpe rosse dell’artista messicana Elina Chauvet per denunciare gli abusi sulle donne e il femminicidio. È una lirica che suscita forti emozioni, vorrei che tu la leggessi per noi” ha continuato Carrino.

E ho letto i miei versi in vernacolo, la lingua del cuore.  Sono stati letti anche diversi monologhi, che hanno suscitato forte commozione nel pubblico in sala. Forbici, Sono un uomo maltrattante, Io sono il figlio di, Il branco, per affrontare la violenza di genere a 360 gradi.


Carrino ha dialogato sugli argomenti più disparati, coinvolgendo il pubblico.

Il lettore trova in ogni singolo componimento una poetica ricorrente, in questa scrittura potente quanto disarmante, temi che ruotano intorno alla figura muliebre, figura femminile non intesa solo in ottica occidentale. Contro le discriminazioni di genere, difesa dei diritti delle donne, grido contro la violenza sulle donne, urlo he squarcia le nostre coscienze per storie di disamore, sottotitolo del testo, per denunciare quello che molto spesso viene sbandierato come bene, ma in realtà è possesso e narcisismo patologico, conseguenza di un patriarcato esercitato senza alcuna intenzione di revisione, di modificazione dei comportamenti ancestrali ereditati secolo dopo secolo. Le pagine di Buonagura raccontano di donne vessate, martirizzate, mogli, madri, figlie, di donne che hanno perso la vita, di bambine violate, ragazze tradite, ferite, ingenuamente fiduciose verso uomini che Silvia Plath definirebbe ominomuncoli (si è uccisa questa poetessa), ma anche di uomini che capiscono il loro errore e di altri che non lo capiranno mai.”

La dottoressa Elvira Franzese, Presidente del consiglio comunale di Palma Campania, ha sottolineato che l’evento ha importante levatura sociale e più volte è intervenuta nella serata con il suo pensiero facendo riferimento alla famiglia e alla scuola, evidenziando che bisogna educare all’affettività, dare senso ai valori. Un argomento che si è prestato a varie riflessioni.

Dove nasce questa tua vocazione? Perché di questo si tratta: di vocazione germinata dalla rabbia e dalla frustrazione di non poter fare altro che parlare e parlare, divulgare, con l'arma affilata della parola, disubbidendo al silenzio e all'omertà. E lo fai dal 2012.

Non è una vocazione, è impegno civile, è condurre una battaglia perché qualcosa cambi, come quando conducevo da ragazza le mie battaglie nelle manifestazioni per i diritti delle donne. Non c’è niente di eccezionale in questo, credo che tutti noi dovremmo combattere per un cambio di mentalità, nel quotidiano, in ogni luogo, come si faceva quando io ero giovane, se davvero vogliamo porre fine alle violenze. Una lotta che dovrebbe vederci impegnati tutti, donne e uomini.

La tua scrittura genera immediatamente empatia con i sentimenti che queste donne esprimono, attraverso il racconto delle loro esperienze, dentro differenti contesti, ma hai sentito l'esigenza di parlare anche di uomini, perché è quella mentalità che va cambiata.

Uomini e ragazzi come tanti, che conosciamo, eppure figli di una cultura patriarcale in cui la donna è un possesso, una proprietà, una mentalità maschilista che pur sopravvive giurassicamente nonostante i passi avanti fatti.

Nei tuoi racconti gli uomini si esprimono con un linguaggio teso ad affermare il loro status di maschio, attraverso il monologo e il flusso di coscienza.

A che punto siamo con questi uomini? Soprattutto, cosa dovrebbe fare un uomo quando prende coscienza del suo comportamento sbagliato?

Deve chiedere aiuto. Un uomo consapevole del suo comportamento sbagliato ha già compiuto un passo importante, va guidato nel rivolgersi a specialisti, psicoterapeuti. Vedi, in genere si parla solo delle vittime, dobbiamo occuparci anche dei carnefici, degli uomini maltrattanti, parlare dei centri di recupero per queste persone, ce ne sono, ma non se ne parla molto.

Michela, spesso si è colpevolizzata più la vittima che il carnefice. Credi che ancora oggi sia così o qualcosa è cambiato nella mentalità di chi è chiamato a giudicare questi eventi, magistratura, forze dell'ordine.

Vero, la colpevolizzazione della vittima o victim blaming è ancora molto diffuso all’interno della coppia, nel modo di pensare delle persone e prima anche negli interrogatori e nelle decisioni dei tribunali. La vittima poteva essere considerata colpevole perché aveva provocato o per il modo di vestire. Cose assurde. Per fortuna questo modo di pensare va scemando.

Un discorso che so ti sta molto a cuore riguarda i sopravvissuti, ovvero i figli della donna uccisa e del padre assassino.

I figli dei femminicidi sono orfani speciali, sono doppiamente orfani, hanno perso la madre uccisa dal padre, con il quale nella maggioranza dei casi non avranno più rapporti. Accade anche che abbiano assistito all’evento, subendo un trauma devastante che li accompagnerà per tutta la vita. Vanno protetti, seguiti, assistiti anche economicamente perché spesso sono affidati ai nonni che vivono di pensione, non sempre sufficiente per loro, figuriamoci per crescere bambini, adolescenti. Il femminicidio si allarga a tutti i componenti della famiglia della vittima, di questo poco si parla, io ho cercato di mettere in luce alcune di queste conseguenze in diversi monologhi.

Oggi si parla tantissimo dei femminicidi, non si corre il pericolo di spingere all’emulazione?

Dipende dai soggetti. Il rischio di emulazione si corre quando si riferiscono strategie omicidiarie, particolari, dettagli in cui una persona che vive la stessa situazione può identificarsi. Oggi si tende molto alla spettacolarizzazione, questo è certamente sbagliato, va evitata la narrazione minuziosa, quello che si potrebbe definire quasi compiacimento morboso per aumentare l’audience. Il diritto di cronaca, di divulgazione va preservato, se siamo giunti alle leggi in difesa delle vittime è proprio grazie alla divulgazione, ma le notizie vanno diffuse con responsabilità. Da grande insegnante qual è stata e qual è, Michela è attentissima a non spettacolarizzare, non ci sono esibizioni di crudeltà, Michela è delicatissima e tende soltanto a far generare consapevolezza del problema in sé, a creare una coscienza fatta di domande riguardo la violenza psicologica e quella fisica per poterle riconoscere e apre alla possibilità, alla fiducia di poter anche cambiare il proprio modo di intendere una relazione, di qualsiasi natura essa sia. Conto i passi dovrebbe essere adottato da tutte le scuole d'Italia, perché è da lì che si comincia a cambiare mentalità, di concerto con l'apporto familiare.

In un racconto dal titolo il Branco parli in prima persona, come insegnante, ti riferisci a un episodio realmente vissuto?

Sì, in questo monologo narro una vicenda capitata a una mia allieva, per la quale io sono stata convocata a testimoniare come prima persona a cui la ragazza aveva confidato la violenza subita. L’episodio risale a più di trent’anni fa, convocai la famiglia per metterla a corrente di quanto avevo saputo, poi accompagnai la ragazza in caserma a denunciare l’accaduto. Ricordo che il PM mi fece i complimenti per i rapporti che avevo stabilito con i miei ragazzi, è difficile che una ragazza vada a raccontare alla propria insegnante un episodio del genere, vuol dire che lei lavora molto bene con i suoi allievi mi disse.

 

Il sindaco Nello Donnarumma ha espresso elogi per l’impegno sociale e culturale, complimentandosi per aver scritto un libro così profondo con tanta delicatezza da poter essere letto da tutti. 




Nel corso della serata, ho anche avuto modo di riflettere con il pubblico sull’importanza di affrontare il tema degli uomini maltrattanti. Troppo spesso ci si concentra solo sulle vittime, ma per fermare la violenza è necessario che anche gli aggressori vengano aiutati a prendere coscienza del loro comportamento. Un uomo che riconosce di avere un problema deve essere supportato nel suo percorso di cambiamento, attraverso la psicoterapia e altre forme di recupero. È un aspetto che spesso viene trascurato, ma che io credo sia essenziale per spezzare il ciclo della violenza.

Abbiamo parlato anche della colpevolizzazione delle vittime, un fenomeno che purtroppo è ancora troppo radicato nella nostra società. Fino a non molto tempo fa, le donne che subivano violenze venivano spesso accusate di averle provocate. Anche oggi, in alcuni casi, la colpa viene attribuita alle vittime, magari per il loro modo di vestirsi o di comportarsi. Fortunatamente, vedo che questa mentalità sta cambiando, ma è un processo lungo e che richiede il contributo di tutti.

La serata si è conclusa con una riflessione che mi sta molto a cuore: il mio libro dovrebbe essere adottato nelle scuole. Perché è lì che deve cominciare il cambiamento. 

*Conto i passi* non è solo un libro che denuncia, ma uno strumento che può aiutare a sensibilizzare i più giovani, a farli riflettere su ciò che è giusto e su ciò che è sbagliato nelle relazioni. È fondamentale che la scuola, insieme alla famiglia, diventi un luogo di educazione al rispetto, all’uguaglianza e alla consapevolezza dei diritti.

Questa esperienza mi ha confermato quanto sia importante continuare a parlare di questi temi, a scrivere e a sensibilizzare. La violenza di genere è una piaga che può essere sradicata solo con un cambiamento profondo nella nostra società, e credo che ognuno di noi, nel proprio piccolo, abbia il dovere di contribuire a questo cambiamento.

                                                                                                        Michela Buonagura






INCONTRO CULTURALE CON L'ASSOCIAZIONE NATURAE ALL’ORTO SOCIALE

 


La presidente dell'associazione culturale Naturae Rosa Ferrante e  soci hanno preparato una sorpresa per Adelina Mauro, e mi hanno invitata per relazionare, così abbiamo trascorso una giornata piacevole insieme, immersi nella natura, in un’atmosfera di calore e condivisione.


La lettura di alcuni stralci del libro di Adelina Mauro, “Un Infinito Mare Carminio”, ha catturato i presenti, evocando ricordi vividi e tradizioni che ci legano profondamente alla nostra terra. 



È stato piacevole l’arricchimento reciproco di noi relatori, coinvolgente lo scambio di emozioni suscitate dalle storie, in esse ciascuno poteva riconoscersi. 


Io ho esordito con alcune riflessioni sulla narrazione, un rituale antico che risale all'origine dell'umanità, essenziale per trasmettere informazioni e condividere esperienze personali. Questa pratica non solo ci permette di esplorare noi stessi e gli altri, ma promuove anche la crescita interiore. 




Narrare è un'arte quotidiana capace di creare intimità ed empatia, e le storie di Adelina Mauro giungono come le storie raccontate tra vicini, tra amiche, riflettono la vita con le sue gioie e dolori, evidenziando l'importanza degli affetti e le assenze dolorose, facendo sentire i lettori parte delle vicende. Adelina, con il suo stile colloquiale, riesce a esprimere emozioni e stati d’animo, trasportando il lettore in un viaggio tra passato e presente, uniti dal potere del sentimento. 

Michela Buonagura

domenica 17 marzo 2024

DONNE IN ARTE: LA MOSTRA DEL GRUPPO ARCHEOLOGICO “TERRA DI PALMA” PER L’8 MARZO

 


Un otto marzo all’insegna dell’arte contemporanea per il Gruppo Archeologico “Terra di Palma” O D V, diretto dal presidente ingegnere Luigi Sorrentino.

 

L’evento, che rientra nel programma delle celebrazioni del 25° Anniversario della nascita di “Terra di Palma” nel 1998, si è svolto nella Biblioteca “Maria Maddalena Nappi”, con il patrocinio morale del Comune di Palma Campania.

 

La mostra collettiva “Donne in arte” è stato un viaggio emozionante nell’arte contemporanea femminile, attraverso le opere di sei pittrici del territorio campano e le allieve dell’Istituto Caravaggio di San Gennaro Vesuviano. 






 Nelle sale della Biblioteca è stato possibile ammirare sculture e tele in vari formati, realizzate con tecniche diverse e che hanno offerto una panoramica della condizione femminile nel mondo suscitando un caleidoscopio di emozioni e riflessioni, che hanno riscaldato il cuore e stimolato la mente.







 Il direttore della testata giornalistica Sittiusnews24.it Raffaele Ariola in una diretta ha intervistato le pittrici Gioia Caliendo, Anna Maria Vallario, Fausta Sangiovanni, Maria Esposito, Francesca Sgambato e Giovanna Secondulfo. Le artiste hanno dialogato sulla loro arte e sull’ispirazione che ha dato vita alle opere, ponendo in risalto l’attenzione per il mondo femminile, da evidenziare in ogni occasione, non solo nella Giornata dedicata alle loro lotte e hanno dichiarato di essere onorate dell’invito del Gruppo Archeologico “Terra di Palma”.  



Il presidente ing. Luigi Sorrentino ha dichiarato di essere molto soddisfatto della realizzazione di un evento così significativo che ha visto una calorosa affluenza di pubblico e ha ringraziato i soci e la responsabile della Biblioteca, prof.ssa Michela Buonagura, per la collaborazione. La mostra ha visto una calorosa affluenza di pubblico ed è stata un’occasione anche per diffondere la conoscenza delle attività della Biblioteca sul territorio. Ha inoltre precisato che i circa seimila testi, alcuni dei quali davvero preziosi, come i volumi antichi che vanno dal 1600 al 1800 donati dalla famiglia Maffettone, sono a disposizione di chiunque voglia consultarli non solo a Palma Campania, ma ovunque, dal momento che il catalogo è stato messo on line.

 

Il 25esimo Anniversario della nascita e costituzione del G.A. è una data importante, testimonianza di attività incessanti e significative che hanno offerto un valido contributo alla diffusione della cultura, portando all’attenzione la cura e la salvaguardia di reperti e monumenti archeologici che sarebbero stati dimenticati nelle pieghe del tempo, distrutti dall’incuria. Tante sono le manifestazioni programmate per l’occasione dell’importante anniversario e saranno realizzate con il patrocinio morale del Comune di Palma Campania.

 

 

Il prossimo evento, come ogni anno, sarà dedicato alla poesia, con un reading di versi scelti sul tema della natura, rallegrato dall’intervento del musicista Antonio Marotta.

 

 

                                                                                          


 Michela Buonagura

venerdì 8 dicembre 2023

1° PREMIO AL XVIII CONCORSO LETTERARIO NAPOLI CULTURAL CLASSIC - SEZIONE RACCONTO -.

Intervista a Michela Buonagura

a cura di Assunta Spedicato


Michela Buonagura, il suo nome non ci è nuovo. Anche qui, come nella precedente intervista, ritroviamo un’autrice già premiata in due delle passate edizioni del Premio letterario, in quanto distintasi per contenuti e stile narrativo.




In “Voglio di più”, il racconto vincitore del Primo Premio nell’edizione appena conclusa, lei torna a regalarci una storia declinata al passato che mette al centro una figura femminile umile per condizione ma al tempo stesso potente nello spirito. Sembra quasi che lei, attraverso la scrittura, voglia ridare credito a quell’immagine di donna a lungo sminuita dalle convenzioni. Se è così, da quale episodio o momento della sua vita è scaturita dirompente questa sua premura? Si racconti.

- La figura femminile che in un modo o nell’altro lotta per riscattarsi è ricorrente nei miei scritti, sia in prosa che in versi. Nasce da un vissuto politico che affonda le radici nella mia gioventù, che mi ha vista sempre impegnata nella lotta per la conquista e la difesa dei diritti delle donne, contro le discriminazioni di genere che purtroppo persistono, fissate in modi di dire e stereotipi diffusi da tanta pubblicità, e finanche nelle opere artistiche. Sono storie che aspirano alla quotidianità, al vero, che narro cercando di immedesimarmi nel vissuto delle protagoniste, seguendone la parabola del cambiamento e della crescita.


Di recente ha dato alla luce una raccolta di racconti dal titolo “Conto i passi” – Storie di disamore. Chi sono le protagoniste dei suoi racconti? Ci parli della sua creatura.

- Il mio libro Conto i passi rappresenta un punto di partenza, ma anche di sintesi di un'esperienza più che decennale, che mi ha vista impegnata, attraverso eventi, convegni, flash mob contro il fenomeno della violenza sulle donne. Infatti il titolo Conto i passi nasce da un testo poetico presente nella raccolta Viaggiamo fuori rotta, pubblicato qualche anno fa, e ha per sottotitolo Storie di disamore, col fine di denunciare quello che molto spesso, più di quanto si creda, viene chiamato amore, ma ne è in realtà la sua falsificazione. Ma nasce anche da un episodio specifico che rappresenta l’eccezionalità nella prossimità. Accadono fatti atroci che ascoltiamo in televisione, leggiamo sui giornali, proviamo orrore, pena, poi ce ne dimentichiamo. Pensiamo sempre che possa accadere altrove, che possa accadere agli altri, come se gli altri fossero esseri senza fisicità, non li mettiamo a fuoco, sono indistinti. Poi succede nel tuo paese o in un paese vicino. Ne resti sconvolta. Senti la necessità di capire, di coglierne il senso, se c’è un senso. La scrittura ti apre la porta, ti permette di entrare in empatia con i sentimenti degli altri, di soffermarti sulle parole, sui gesti, sui pensieri. Su queste pagine ho attraversato le vite di donne martoriate, mogli, madri, figlie. Ho accompagnato lungo un percorso doloroso bambine violate, ragazze tradite, ferite nella loro ingenuità e fiducia verso gli uomini. Dalla lettura dei 29 monologhi viene fuori una fragile psicologia femminile, fatta di insicurezze, di disistima di sé, di ingenua spavalderia, di un amore incondizionato che porta alcune donne all’annullamento e altre a dimostrare tutto il coraggio di cui sono capaci nel riprendere in mano la loro vita.
Attraverso il racconto delle loro esperienze, si definisce una casistica della violenza di genere, legata ad ambienti e contesti disparati, in cui il maltrattamento e la coercizione appaiono come disvalori trasversali di uomini che non hanno più nulla di umano. Quindi, parlo anche di uomini, non solo di donne. Si parla sempre delle vittime, poco dei carnefici. E invece bisogna mostrarne i volti, dire i loro nomi più delle vittime, il fenomeno andava esplorato anche da questo lato. La violenza di genere è strettamente connessa alla cultura patriarcale, viene esercitata da uomini dalla mentalità maschilista, uomini normali, come ne conosciamo tanti, che non vogliono essere detronizzati, che considerano la donna un oggetto di loro proprietà, vogliono deciderne la vita e quando questo non è possibile, usano la violenza in tutti i modi possibili e con tutti i mezzi. Sono fidanzati, mariti, compagni, o semplicemente degli sconosciuti. Sono maschi che compiono delitti efferati perché incapaci di accettare un no, è finita, non ti amo più. Maschi convinti che la donna vada gestita come una proprietà personale, possesso. Pervasi dalla becera idea che la compagna sia un bell’oggetto da esibire, a volte per status, riflesso di un modo di pensare che non ha nulla a che vedere con l’essere uomo. Nel mio libro gli aguzzini si esprimono con un linguaggio maschio che cerca consenso, giustifica l’azione commessa, utilizza stereotipi che appartengono a una visione maschiocentrica dei rapporti umani, ottusi e brutali nell'affermazione della loro virilità, capaci di feroci menzogne pur di prevaricare e dominare. Urgeva sottolineare, affinché fosse messa in luce la necessità di agire su questo modo di pensare e di comportarsi. Non è stato facile penetrare anche nella profondità di queste nature fredde e volgari, strapparne le viscere, svelarne gli inganni, ma credo che l'opera di un'artista debba avere uno sguardo sul mondo lucido e a volte spietato, uno sguardo che non ha paura, che non si offusca, che non indugia nella commiserazione. L'opera di un'artista non deve aspettarsi il consenso facile, l'accettazione incondizionata, deve essere disturbante, urlare in faccia il torto, il male che si annida nella quotidianità di una stanza apparentemente calda e accogliente, dai colori vivaci e accesi, magari di un rosso brillante e di materia grigia. I monologhi esprimono una varietà di sentimenti con parole amare, sussurri, singhiozzi, urla disperate che si levano dolenti come da un inferno dantesco. E per farlo utilizzo tecniche narrative non facili, a partire dal monologo interiore e il flusso di coscienza, imponendo alla materia un senso di straniamento.


Al termine di una gratificante carriera come docente di Lettere, in che modo ha riorganizzato il suo tempo?

- Seneca, nel suo trattato "De Brevitate Vitae", sosteneva che un giovane che avesse condotto la propria vita con virtù avrebbe vissuto appieno, a differenza di un anziano abituato al lusso. Personalmente, non ho dovuto riorganizzare la mia vita, poiché ho sempre vissuto immersa nella letteratura, nella scrittura e nei rapporti umani. Nonostante la conclusione della mia carriera di insegnante, continuo a coltivare preziosi legami educativi. Partecipo a convegni, eventi, contribuisco alla progettazione e realizzazione di progetti nell’associazione Gruppo Archeologico Terra di Palma, nel quale sono anche responsabile della biblioteca.


Il ruolo di educatore richiede una prontezza nel dare e nel ricevere. Quanto le manca la scuola? 

- La scuola mi manca per la gioia di contribuire alla formazione e per i legami significativi con gli studenti, ma fortunatamente con tanti il rapporto continua. Mi parlano dei loro sogni, delle difficoltà, dei successi universitari. In questo dare e avere ricevo tanta ricchezza, sono giovane insieme a loro, non resto indietro. Mi reputo fortunata.

Se seduti ai banchi di fronte a lei ci fossero i ragazzi degli anni ’80, quale argomento tratterebbe per loro?

- Se mi trovassi di fronte ai ragazzi degli anni '80, affronterei gli stereotipi di genere radicati in quel periodo, incoraggiando una mentalità più inclusiva e consapevole. La discussione mirerebbe a sensibilizzare sulla necessità di promuovere l'uguaglianza di genere, contribuendo così a plasmare una società più equa e rispettosa. Ma più che ai giovani degli anni ’80, preferirei parlare ancora ai giovani del nostro tempo, che vedo più difficile e complicato. I giovani degli anni ’80 conoscevano la lotta attiva, reale, da esprimere nelle piazze, il dibattito e il confronto nei collettivi, oggi la protesta contro i mali della società sembra esaurirsi dietro una tastiera, spesso vissuta in solitudine, in un tempo svalutato, che passa inesorabile lasciando poche tracce concrete e costruttive. Rispetto ai giovani del passato quelli odierni hanno tante opportunità, possibilità di conoscenza, alcuni sono preparatissimi, tanti vivono in solitudine, dipendenti dai nuovi media.


C’è un sogno relegato in fondo al cassetto che segretamente aspira a realizzare?

- Sì, vorrei completare il romanzo che ho avviato, ma i tanti impegni me ne allontanano. Spero di farcela.