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domenica 17 marzo 2024

DONNE IN ARTE: LA MOSTRA DEL GRUPPO ARCHEOLOGICO “TERRA DI PALMA” PER L’8 MARZO

 


Un otto marzo all’insegna dell’arte contemporanea per il Gruppo Archeologico “Terra di Palma” O D V, diretto dal presidente ingegnere Luigi Sorrentino.

 

L’evento, che rientra nel programma delle celebrazioni del 25° Anniversario della nascita di “Terra di Palma” nel 1998, si è svolto nella Biblioteca “Maria Maddalena Nappi”, con il patrocinio morale del Comune di Palma Campania.

La mostra collettiva “Donne in arte” è stato un viaggio emozionante nell’arte contemporanea femminile, attraverso le opere di sei pittrici del territorio campano e le allieve dell’Istituto Caravaggio di San Gennaro Vesuviano. 





 Nelle sale della Biblioteca è stato possibile ammirare sculture e tele in vari formati, realizzate con tecniche diverse e che hanno offerto una panoramica della condizione femminile nel mondo suscitando un caleidoscopio di emozioni e riflessioni, che hanno riscaldato il cuore e stimolato la mente.






 Il direttore della testata giornalistica Sittiusnews24.it Raffaele Ariola in una diretta ha intervistato le pittrici Gioia Caliendo, Anna Maria Vallario, Fausta Sangiovanni, Maria Esposito, Francesca Sgambato e Giovanna Secondulfo. Le artiste hanno dialogato sulla loro arte e sull’ispirazione che ha dato vita alle opere, ponendo in risalto l’attenzione per il mondo femminile, da evidenziare in ogni occasione, non solo nella Giornata dedicata alle loro lotte e hanno dichiarato di essere onorate dell’invito del Gruppo Archeologico “Terra di Palma”.  



Il presidente ing. Luigi Sorrentino ha dichiarato di essere molto soddisfatto della realizzazione di un evento così significativo che ha visto una calorosa affluenza di pubblico e ha ringraziato i soci e la responsabile della Biblioteca, prof.ssa Michela Buonagura, per la collaborazione. La mostra ha visto una calorosa affluenza di pubblico ed è stata un’occasione anche per diffondere la conoscenza delle attività della Biblioteca sul territorio. Ha inoltre precisato che i circa seimila testi, alcuni dei quali davvero preziosi, come i volumi antichi che vanno dal 1600 al 1800 donati dalla famiglia Maffettone, sono a disposizione di chiunque voglia consultarli non solo a Palma Campania, ma ovunque, dal momento che il catalogo è stato messo on line.

 

Il 25esimo Anniversario della nascita e costituzione del G.A. è una data importante, testimonianza di attività incessanti e significative che hanno offerto un valido contributo alla diffusione della cultura, portando all’attenzione la cura e la salvaguardia di reperti e monumenti archeologici che sarebbero stati dimenticati nelle pieghe del tempo, distrutti dall’incuria. Tante sono le manifestazioni programmate per l’occasione dell’importante anniversario e saranno realizzate con il patrocinio morale del Comune di Palma Campania.

 

 

Il prossimo evento, come ogni anno, sarà dedicato alla poesia, con un reading di versi scelti sul tema della natura, rallegrato dall’intervento del musicista Antonio Marotta.

 

 

                                                                                          


 Michela Buonagura

venerdì 8 dicembre 2023

1° PREMIO AL XVIII CONCORSO LETTERARIO NAPOLI CULTURAL CLASSIC - SEZIONE RACCONTO -.

Intervista a Michela Buonagura

a cura di Assunta Spedicato


Michela Buonagura, il suo nome non ci è nuovo. Anche qui, come nella precedente intervista, ritroviamo un’autrice già premiata in due delle passate edizioni del Premio letterario, in quanto distintasi per contenuti e stile narrativo.




In “Voglio di più”, il racconto vincitore del Primo Premio nell’edizione appena conclusa, lei torna a regalarci una storia declinata al passato che mette al centro una figura femminile umile per condizione ma al tempo stesso potente nello spirito. Sembra quasi che lei, attraverso la scrittura, voglia ridare credito a quell’immagine di donna a lungo sminuita dalle convenzioni. Se è così, da quale episodio o momento della sua vita è scaturita dirompente questa sua premura? Si racconti.

- La figura femminile che in un modo o nell’altro lotta per riscattarsi è ricorrente nei miei scritti, sia in prosa che in versi. Nasce da un vissuto politico che affonda le radici nella mia gioventù, che mi ha vista sempre impegnata nella lotta per la conquista e la difesa dei diritti delle donne, contro le discriminazioni di genere che purtroppo persistono, fissate in modi di dire e stereotipi diffusi da tanta pubblicità, e finanche nelle opere artistiche. Sono storie che aspirano alla quotidianità, al vero, che narro cercando di immedesimarmi nel vissuto delle protagoniste, seguendone la parabola del cambiamento e della crescita.


Di recente ha dato alla luce una raccolta di racconti dal titolo “Conto i passi” – Storie di disamore. Chi sono le protagoniste dei suoi racconti? Ci parli della sua creatura.

- Il mio libro Conto i passi rappresenta un punto di partenza, ma anche di sintesi di un'esperienza più che decennale, che mi ha vista impegnata, attraverso eventi, convegni, flash mob contro il fenomeno della violenza sulle donne. Infatti il titolo Conto i passi nasce da un testo poetico presente nella raccolta Viaggiamo fuori rotta, pubblicato qualche anno fa, e ha per sottotitolo Storie di disamore, col fine di denunciare quello che molto spesso, più di quanto si creda, viene chiamato amore, ma ne è in realtà la sua falsificazione. Ma nasce anche da un episodio specifico che rappresenta l’eccezionalità nella prossimità. Accadono fatti atroci che ascoltiamo in televisione, leggiamo sui giornali, proviamo orrore, pena, poi ce ne dimentichiamo. Pensiamo sempre che possa accadere altrove, che possa accadere agli altri, come se gli altri fossero esseri senza fisicità, non li mettiamo a fuoco, sono indistinti. Poi succede nel tuo paese o in un paese vicino. Ne resti sconvolta. Senti la necessità di capire, di coglierne il senso, se c’è un senso. La scrittura ti apre la porta, ti permette di entrare in empatia con i sentimenti degli altri, di soffermarti sulle parole, sui gesti, sui pensieri. Su queste pagine ho attraversato le vite di donne martoriate, mogli, madri, figlie. Ho accompagnato lungo un percorso doloroso bambine violate, ragazze tradite, ferite nella loro ingenuità e fiducia verso gli uomini. Dalla lettura dei 29 monologhi viene fuori una fragile psicologia femminile, fatta di insicurezze, di disistima di sé, di ingenua spavalderia, di un amore incondizionato che porta alcune donne all’annullamento e altre a dimostrare tutto il coraggio di cui sono capaci nel riprendere in mano la loro vita.
Attraverso il racconto delle loro esperienze, si definisce una casistica della violenza di genere, legata ad ambienti e contesti disparati, in cui il maltrattamento e la coercizione appaiono come disvalori trasversali di uomini che non hanno più nulla di umano. Quindi, parlo anche di uomini, non solo di donne. Si parla sempre delle vittime, poco dei carnefici. E invece bisogna mostrarne i volti, dire i loro nomi più delle vittime, il fenomeno andava esplorato anche da questo lato. La violenza di genere è strettamente connessa alla cultura patriarcale, viene esercitata da uomini dalla mentalità maschilista, uomini normali, come ne conosciamo tanti, che non vogliono essere detronizzati, che considerano la donna un oggetto di loro proprietà, vogliono deciderne la vita e quando questo non è possibile, usano la violenza in tutti i modi possibili e con tutti i mezzi. Sono fidanzati, mariti, compagni, o semplicemente degli sconosciuti. Sono maschi che compiono delitti efferati perché incapaci di accettare un no, è finita, non ti amo più. Maschi convinti che la donna vada gestita come una proprietà personale, possesso. Pervasi dalla becera idea che la compagna sia un bell’oggetto da esibire, a volte per status, riflesso di un modo di pensare che non ha nulla a che vedere con l’essere uomo. Nel mio libro gli aguzzini si esprimono con un linguaggio maschio che cerca consenso, giustifica l’azione commessa, utilizza stereotipi che appartengono a una visione maschiocentrica dei rapporti umani, ottusi e brutali nell'affermazione della loro virilità, capaci di feroci menzogne pur di prevaricare e dominare. Urgeva sottolineare, affinché fosse messa in luce la necessità di agire su questo modo di pensare e di comportarsi. Non è stato facile penetrare anche nella profondità di queste nature fredde e volgari, strapparne le viscere, svelarne gli inganni, ma credo che l'opera di un'artista debba avere uno sguardo sul mondo lucido e a volte spietato, uno sguardo che non ha paura, che non si offusca, che non indugia nella commiserazione. L'opera di un'artista non deve aspettarsi il consenso facile, l'accettazione incondizionata, deve essere disturbante, urlare in faccia il torto, il male che si annida nella quotidianità di una stanza apparentemente calda e accogliente, dai colori vivaci e accesi, magari di un rosso brillante e di materia grigia. I monologhi esprimono una varietà di sentimenti con parole amare, sussurri, singhiozzi, urla disperate che si levano dolenti come da un inferno dantesco. E per farlo utilizzo tecniche narrative non facili, a partire dal monologo interiore e il flusso di coscienza, imponendo alla materia un senso di straniamento.


Al termine di una gratificante carriera come docente di Lettere, in che modo ha riorganizzato il suo tempo?

- Seneca, nel suo trattato "De Brevitate Vitae", sosteneva che un giovane che avesse condotto la propria vita con virtù avrebbe vissuto appieno, a differenza di un anziano abituato al lusso. Personalmente, non ho dovuto riorganizzare la mia vita, poiché ho sempre vissuto immersa nella letteratura, nella scrittura e nei rapporti umani. Nonostante la conclusione della mia carriera di insegnante, continuo a coltivare preziosi legami educativi. Partecipo a convegni, eventi, contribuisco alla progettazione e realizzazione di progetti nell’associazione Gruppo Archeologico Terra di Palma, nel quale sono anche responsabile della biblioteca.


Il ruolo di educatore richiede una prontezza nel dare e nel ricevere. Quanto le manca la scuola? 

- La scuola mi manca per la gioia di contribuire alla formazione e per i legami significativi con gli studenti, ma fortunatamente con tanti il rapporto continua. Mi parlano dei loro sogni, delle difficoltà, dei successi universitari. In questo dare e avere ricevo tanta ricchezza, sono giovane insieme a loro, non resto indietro. Mi reputo fortunata.

Se seduti ai banchi di fronte a lei ci fossero i ragazzi degli anni ’80, quale argomento tratterebbe per loro?

- Se mi trovassi di fronte ai ragazzi degli anni '80, affronterei gli stereotipi di genere radicati in quel periodo, incoraggiando una mentalità più inclusiva e consapevole. La discussione mirerebbe a sensibilizzare sulla necessità di promuovere l'uguaglianza di genere, contribuendo così a plasmare una società più equa e rispettosa. Ma più che ai giovani degli anni ’80, preferirei parlare ancora ai giovani del nostro tempo, che vedo più difficile e complicato. I giovani degli anni ’80 conoscevano la lotta attiva, reale, da esprimere nelle piazze, il dibattito e il confronto nei collettivi, oggi la protesta contro i mali della società sembra esaurirsi dietro una tastiera, spesso vissuta in solitudine, in un tempo svalutato, che passa inesorabile lasciando poche tracce concrete e costruttive. Rispetto ai giovani del passato quelli odierni hanno tante opportunità, possibilità di conoscenza, alcuni sono preparatissimi, tanti vivono in solitudine, dipendenti dai nuovi media.


C’è un sogno relegato in fondo al cassetto che segretamente aspira a realizzare?

- Sì, vorrei completare il romanzo che ho avviato, ma i tanti impegni me ne allontanano. Spero di farcela.




sabato 27 maggio 2023

PRESENTAZIONE DEL LIBRO "LA RELIQUIA PERDUTA"

 

Il “Gruppo Archeologico Terra di Palma” di Palma Campania, venerdi 26 maggio ha organizzato e presentato presso la “Biblioteca Marilena Nappi” il romanzo “La reliquia perduta” di Rosa Casalino, edito da Il mio libro nel 2020, relatrice  la scrittrice Michela Buonagura, responsabile della Biblioteca e letture ad opera dell’attrice Gabriela Maiello del Laboratorio Gulliver.  

 


La reliquia perduta è un romanzo storico, ricco di avventure i cui protagonisti  scoprono i propri valori. È il racconto di  coraggiosi e valorosi Cavalieri del Sovrano Militare Ordine di Malta. Si susseguono nella narrazione episodi storici  che, tessuti  con altri fantastici, danno vita ad un romanzo che offre atti di eroismo, di profonda fede, di amore, di amicizia e tanti  spunti di riflessione. 

 


 

Il romanzo di Rosa Casalino è un romanzo storico che segue il filone degli ordini cavallereschi. Gli Ordini religiosi cavallereschi caratterizzarono la storia europea per diversi secoli. Modificandosi e mutando nome e caratteristiche, perdurarono dal XII secolo fino ai giorni nostri, tanto che ancora oggi il Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme di Rodi e di Malta, persa la sua vocazione militare, è un ordine religioso della Santa Sede.

 


Ho fatto cenno alla vocazione militare. Ebbene, può apparire un ossimoro storico, ma come tanti di voi sanno, il cristianesimo, che per sua natura è avverso alla guerra e si caratterizza come una religione della pace, non mancò di sodalizi militari, e spesso si servì di una militia Christi al servizio della Cristianità ed alla difesa dei suoi valori. Proprio questa mentalità fu la radice culturale dei diversi Ordini, veri e propri eserciti di professionisti della guerra santa. Lo sfondo storico del romanzo di Rosa Casalino segue le lotte del più antico tra gli ordini equestri nati nel medioevo, l’Ordine Ospitaliero di San Giovanni. 

 


Già dalla sua fondazione evidenziò un rapporto privilegiato con l’Italia e in particolare con la repubblica marinara di Amalfi.Non è un caso se nei secoli successivi avrebbe formalizzato quale propria insegna la croce ad otto punte a coda di rondine, simbolo della città.

La  sua nascita risale agli anni intorno al 1050, in quegli anni alcuni mercanti dell'antica repubblica marinara di Amalfi ottennero il permesso di costruire a Gerusalemme una chiesa, un convento e un ospedale nel quale assistere i pellegrini.

Quella chiesa fu dedicata a San Giovanni Battista, perché in quel sito, secondo la tradizione, un angelo aveva annunciato il concepimento del Battista (o, secondo altri, sarebbe avvenuto il suo martirio).

Lì nacque una comunità monastica “l'Ordine di San Giovanni di Gerusalemme”, che si dedicava alla gestione dell'ospedale per l'assistenza dei pellegrini in Terra Santa. 

Tutti i Cavalieri erano religiosi, legati dai tre voti monastici di Povertà, Castità e Obbedienza, adottarono come insegna la croce amalfitana a otto punte che oltre a legarli alle loro origini simboleggiava le beatitudini della fede. Lo stendardo era rosso, la croce bianca, i mantelli neri.

Sulla Grande storia si innestano le vicende personali dei suoi protagonisti, in un amalgama creativo di un’abile penna, con colpi di scena che avvincono alla pagina fino al finale. 

 


Ne La reliquia perduta Rosa ripercorre la Grande storia, incasellando le vicende di alcuni membri dell’ordine dei cavalieri di San Giovanni, di Gerusalemme, di Rodi e poi di Malta che tutti conosciamo come l'ordine dei cavalieri di Malta.

 


L’ambientazione storica della vicenda si colloca tra Rodi Napoli e Malta dal 1522 al 1535, cioè negli anni in cui l'offensiva turca nel Mediterraneo è particolarmente accesa. La copertina riporta Il palazzo dei cavalieri a Rodi, da dove prende le mosse la vicenda.

 


Fin dalle prime pagine del libro siamo proiettati nell'ospitale, il grande ospedale costruito dai cavalieri,  in una sala dove campeggiano il dipinto di San Giovanni e la croce ottagona che è il simbolo dei cavalieri, e ci riporta il motto di questi cavalieri, un motto latino: Tuitio Fidei et Obsequium Pauperum "difesa della fede e aiuto ai poveri.

Nella reliquia perduta Rosa ripercorre la Grande storia, incasellando le vicende di alcuni membri dell’ordine dei cavalieri di San Giovanni, di Gerusalemme, di Rodi e poi di Malta che tutti conosciamo come l'ordine dei cavalieri di Malta.

Ci troviamo nell'isola di Rodi, dove l'ordine si era trasferito sin dal 1310, proveniente prima da Cipro e prima ancora da Gerusalemme. L’ambientazione storica della vicenda si colloca tra Rodi, Napoli e Malta dal 1522 al 1535, cioè negli anni in cui l'offensiva turca nel Mediterraneo è particolarmente accesa.

In nove capitoli l’autrice ci accompagna attraverso le vicende familiari, le scelte personali di personaggi i cui nomi sono accuratamente scelti.

Nel 1522 l’isola viene assediata dai Turchi,  dopo quasi sei mesi di resistenza gli Ospedalieri accettarono le condizioni del sultano Solimano il Magnifico e abbandonarono l'isola. Sulle galee, in vece della bandiera dell'Ordine sventolava l'immagine della Vergine Maria che teneva Gesù fra le braccia, a voler indicare il tradimento da parte della cristianità che li aveva abbandonati al proprio destino.

A Rodi restavano i vincitori: gli Ottomani, con i loro 60.000 morti.
I Cavalieri, nei secoli seguenti, proseguono il loro pellegrinaggio per il mediterraneo aggiungendo i nomi dei territori visitati. 

I nostri si dirigono verso l’Italia e precisamente a Napoli, dove incontrano il nobile Costanzo e vengono accolti in un convento. 

 


Rosa Casalino ci descrive lo scriptorium, l’ambiente che nelle abbazie medievali era deputato alla copiatura dei testi: un vero e proprio tempio della cultura dove silenzio e rigore imperavano, all’interno del quale i monaci lavoravano alacremente per trascrivere a mano enormi volumi per preservarli dall’oblio.

Con l’introduzione del personaggio di Costanzo Rosa ci racconta una commovente storia d’amore e molto abilmente trova occasione per parlarci dei pirati che assalivano le imbarcazioni e rapivano anche le fanciulle decretandone un destino di schiave.

Nel 1500 la cattura dei cristiani ad opera dei pirati barbareschi assunse proporzioni di un vero e proprio dramma. Ne è testimonianza la nascita a Napoli della confraternita della Santa Maria della Redenzione dei Captivi, ossia dei prigionieri.

Un’associazione caritativa che aveva il fine di riscattare i cristiani fatti prigionieri, i captivi per l’appunto, nelle battaglie contro i musulmani. Era, infatti, usanza offrire denaro per liberare gli sventurati catturati, o da parte di parenti benestanti o, se di famiglia povera, grazie all’aiuto di istituzioni caritatevoli.

Nel 1500 la cattura dei cristiani ad opera dei pirati barbareschi assunse proporzioni di un vero e proprio dramma: in Italia i pirati, dopo aver devastato le coste della Calabria, saccheggiarono Mergellina, misero a ferro e a fuoco Ischia.

Poi occuparono Massa Lubrense e per molti giorni la spogliarono di ogni bene: alla fine portarono via decine di donne e uomini, che avrebbero venduto come schiavi in Tunisia, in Algeria, in Marocco (le Terre dei Berberi, e da qui il termine “barbareschi”).

Ai parenti dei cristiani “captivi”, prigionieri, veniva offerta da “sensali” barbareschi – si trattava di un vero e proprio mercato – la possibilità di “comprare” i loro congiunti e di riportarli in patria.

La pia congregazione si proponeva di raccogliere il danaro necessario al riscatto per quei “captivi” i cui parenti erano poveri. A pochi passi dal Conservatorio di San Pietro a Majella, sorge la chiesa che ne portava il nome.

La reliquia perduta è un romanzo breve, ma ricco di spunti storici, frutto di ricerca e approfondimento. Un libro che si fa leggere con passione, che spinge a seguire i passi dei suoi personaggi.  





Michela Buonagura