Nevicava
da giorni e tutta la radura era coperta da una meravigliosa coltre bianca. I
raggi del sole che filtravano tra gli alberi rilucevano in splendidi bagliori.
I
primi fiocchi erano stati accolti con gioia, la lumachina Kaila si era tanto
divertita a giocare con i suoi amici nelle corse di scivoloni, facendo a gara a
chi arrivava prima al Grande Abete.
Ma
durante la notte c’era stata una tormenta e la neve era scesa giù a più non
posso, silenziosa e tenace.
Il
Vecchio Saggio, il caro Allon, aveva dato l’allarme, aiutato da Campanella che
era volata sulla radura per lanciare il tintinnio d’allarme.
«Dlondlon…Pericolo!...dlondlon…Pericolo!...dlandlan…Non
uscite dalle tane! Siamo sommersi dalla neve!»
Ilak,
il papà di Kaila, si era affacciato sull’uscio per capire la situazione.
«Siamo davvero sommersi! La
neve ha raggiunto buona parte del tronco del Grande Abete. Brutto affare, gran
brutto affare».
«È pericoloso papà?»
«Se stiamo qui buoni buoni,
non ci accadrà nulla, bisogna aspettare che la neve si indurisca, ora è soffice
come la panna e potremmo affondare o cadere in qualche buca».
«Stiamo tranquilli, stiamo
qui al calduccio e non ci accadrà nulla»,
sorrise la sua mamma».
«Laki, abbiamo provviste a
sufficienza?»
«Si, Ilak, non patiremo la
fame e se avremo sete, berremo un po’ di neve».
Kaila
guardò pensierosa i volti dei suoi genitori, non li aveva mai visti così
preoccupati, non le sembrava un grande pericolo tutta quella neve, anzi, se
proprio doveva essere sincera, le piaceva.
Si
sporse anche lei un po’ sull’uscio per ammirare meglio lo spettacolo che aveva
appena intravisto.
Che
meraviglia! Sembrava quasi una magia. Fino alla sera prima la Radura era ben
visibile, picchiettata dai bei funghi colorati e dalle foglie cadute che oramai
si avviavano a diventar tutt’uno con il terreno. Qua e là lucide bacche rosse occhieggiavano
dai cespugli di rovi e c’era qualche fiocco che si dondolava dagli alberi o
volteggiava carezzando una siepe.
Ora,
invece, era tutto completamente bianco, di un bianco brillante, un bianco che
mai aveva visto in un sasso in un fiore o in un animaletto.
“La
neve ha un bianco eccezionale”, pensò tra sé.
Gli
alberi ne erano interamente coperti, anche il Grande Abete aveva la cima bianca,
completamente bianca.
Com’era
maestoso. S’innalzava fino alle nuvole e sorvegliava tutta la Radura. Sui
grandi rami accoglieva tanti uccellini e quando li sentiva cantare stormiva con
gioia le foglie, facendole vibrare per accompagnare con la sua musica il loro
canto.
«Ma chi sono quelli, babbo?»
Aveva
visto delle sagome nere avvicinarsi al Grande Abete,
uno…due…tre…quattro…cinque…sei…sette…otto…nove…dieci!
«Sono dieci, babbo, li ho
contati, ma chi sono?»
«Sono i boscaioli, Kaila,
sono venuti per il taglio».
«Sono già qui? Sono arrivati
anche con tutta questa neve?»
esclamò Laki.
«Tra poco sarà Natale, mia
cara, dimentichi?»
«Oh! Sono venuti a tagliare
gli abeti!»
«E perché li tagliano? Che
cosa orribile! Moriranno!»
Ora
Kaila capiva il perché dei volti preoccupati dei suoi genitori. Non era solo
per la neve e per le provviste. Era per il vecchio Abete! Come si poteva
compiere una tale mostruosità? Dove si sarebbero ricoverati gli uccellini? Con
questo freddo sarebbero certamente morti assiderati. Doveva assolutamente
impedirlo.
«Mamma, non hai risposto alla
mia domanda. Perché…dimmi, perché tagliano gli abeti?»
«Li vogliono per portarli
nelle loro case, per renderle più belle per la festa del Natale. Li
addobberanno di luci colorate, di palline trasparenti, di dolci profumati. Ai
loro piedi adageranno tanti pacchetti misteriosi, i regali per i bambini, per
le mamme e i papà, per gli amici. Natale è una festa molto importante,
aspettano la nascita di Gesù Bambino».
«E chi è?»
«E’ il Bimbo che porterà la
pace nel mondo e guiderà tutti verso il bene».
«Perché, gli umani sono
cattivi?»
«Qualche volta sì, non
apprezzano le cose belle della vita e pensano solo a diventare potenti e ad
accumulare ricchezze».
«Non ho mai visto un umano,
mamma, ma finora non ho mai sentito parlare bene di lui».
«Non devi aver paura, lui non
si interessa a noi e poi, non ci sono solo umani cattivi, ci sono anche umani
buoni, dolci e gentili».
«Quando ne incontrerò uno, spero
tanto che sia gentile! Non come questi boscaioli che vogliono tagliare il
vecchio Abete!»
«Noi lo impediremo. Andiamo
da Campanello per chiamare tutti a raccolta. Il sole ha quasi disciolto la
neve, potremo agire».
Campanello
suonò a più non posso…dlon, dlon, dlon…e tutti uscirono dalle tane e si
diressero verso la scuola. Il maestro era sull’uscio ad aspettare e quando li
vide arrivare il suo viso si illuminò.
«Dobbiamo sbrigarci, dobbiamo
impedire il taglio degli alberi o molti nostri amici moriranno. Seguitemi!»
Una
lunga fila di animali si diresse verso la montagna. Le lepri erano le più
veloci e precedevano tutti gli altri, poi c’era la famiglia dei lupi che
avanzava guardinga, qualche orso procedeva a rilento, uccelli di ogni tipo
volavano bassi, talpe, conigli selvatici, cerbiatti… Si erano svegliati proprio
tutti dal letargo e, anche se ancora assonnati, erano decisi ad impedire il
taglio degli alberi.
Gli
animali più grossi si fecero avanti con aria minacciosa, mettendo in fuga la
maggioranza dei boscaioli. I più piccoli cercarono in ogni modo di impedire che
potessero prendere le armi e sterminarli tutti: si infilavano negli stivali,
svolazzavano sul viso, pizzicavano le mani per bloccare ogni movimento.
I
boscaioli, alla fine, dovettero arrendersi e far presto ritorno alle loro case.
Quando
la montagna fu liberata della loro presenza, tutti gli animali fecero un
cerchio d’amore intorno al grande Abete e tutti gli uccellini poterono
ritornare nei loro nidi.
Al
Centro giovanile dei padri giuseppini di San Giuseppe Vesuviano, per la Giornata Internazionale contro la violenza
sulle donne, il
Lions Club San Giuseppe Terre del Vesuvio ha presentato il libro "CONTO
I PASSI- STORIE DI DISAMORE" della scrittrice Michela Buonagura di
Palma Campania.
L'evento
ha preso il via con l'intensa lettura di alcuni stralci del libro ad opera
dell'attrice Gabriella Maiello e i giovani allievi del Laboratorio teatrale
Gulliver.
L'attenzione
del pubblico era viva. I monologhi singolari non si soffermano solo sulle
vittime dirette, ma allargano lo sguardo alla violenza assistita, ai familiari,
a chi resta e si consuma nel dolore.
Una lettura sofferta, per riflettere su un tema che
dovrebbe essere trattato tutto l’anno. Di violenza sulle donne non si parla mai
abbastanza.Questa violenza dilagante va combattuta con un lavoro
quotidiano, non solo nella Giornata Internazionale contro la violenza di
genere, puntando a un cambio culturale che agisca dal basso, educando in
famiglia e nelle scuole fin dalla tenera età al vero concetto dell’amore,
ben lontano dall’idea di possesso che spesso conduce alla violenza di
genere.
L’avvocata
Rossana Bifulco, presidente della III Circoscrizione Lions ha espresso
parole di consenso per il libro che ha letto e che ritiene interessante
per la divulgazione, per scuotere gli animi e guidare alla consapevolezza.
Ho avuto
modo di leggere il libro. È toccante, ogni voce narrante è stato un colpo al
cuore, in un crescendo di emozioni, dallo stupore alla pietà, all’orrore,
all’indignazione, alla rabbia. La scrittrice parla di ogni aspetto della
violenza, in una maniera insolita, coinvolgendo i sentimenti più profondi e al
tempo stesso facendoci riflettere. L’ho letto tutto d’un fiato
e lo rileggerò ancora.
La presidente dell’Associazione,
professoressa Maria Lucia Ambrosiosi è soffermata sul femminicidio,
fenomeno criminale radicato nella società.
La violenza di genere è un prodotto della nostra
storia, di una cultura basata su stereotipi che si perpetrano da secoli e che
oggi si scontra sempre più con la consapevolezza delle donne e con il loro desiderio
di emanciparsi.
La professoressa Anna D’Ursi, del Gruppo archeologico
Terra di Palma, ha preso la parola soffermandosi sul sottotitolo del libro.
Conto i passi ha per sottotitolo Storie di disamore, a
denunciare quello che molto spesso, più di quanto si creda, viene chiamato
amore, ma ne è in realtà la sua falsificazione. I monologhi rappresentano per
la nostra scrittrice il punto di arrivo, ma anche di sintesi, di un'esperienza
più che decennale. Analizza
con finezza introspettiva una fragile psicologia femminile, fatta di
insicurezze, di disistima di sé, di ingenua spavalderia, di un amore
incondizionato che le porta all’annullamento, ma anche di donne che, mostrando
tutto il coraggio di cui sono capaci, riprendono in mano la loro vita. Conto i passi
è opera letteraria di valore. L’autrice ha utilizzato tecniche narrative non
facili, a partire dal monologo interiore e il flusso di coscienza, in cui sieclissa, imponendo alla sua materia
un senso di straniamento. È questa una scrittura mimetica attraverso cui
l’autrice compie un viaggio non solo nelle vite dei personaggi ma anche nella
letteratura di tutti i tempi che da sempre scruta nei recessi dell’animo umano.
Si è aperto un dialogo di riflessioni partecipate tra
il pubblico, relatrici e scrittrice, alla quale sono state poste anche domande
intorno al libro, cui ha esaurientemente risposto con i suoi interventi.
Chi parla è quasi sempre una donna
che cerca di spiegarsi cosa è accaduto, che si racconta e ci racconta un
dramma. Lei dà voce alle vittime attraverso il monologo, come mai?
Il mio libro nasce da un episodio specifico che
rappresenta l’eccezionalità nella prossimità. Accadono fatti atroci che
ascoltiamo in televisione, leggiamo sui giornali, proviamo orrore, pena, poi ce
ne dimentichiamo. Pensiamo sempre che possa accadere altrove, che possa
accadere agli altri, come se gli altri fossero esseri senza fisicità, non li
mettiamo a fuoco, sono indistinti. Poi accade nel proprio paese o in un paese
vicino. Ne resti sconvolta. Senti la necessità di capire, di coglierne il
senso, se c’è un senso.
I soggetti della sua scrittura non sono solo donne ma
anche uomini. Perché?
Sì, do voce anche agli aguzzini che si esprimono con
un linguaggio maschio che cerca consenso, giustifica l’azione commessa,
utilizza stereotipi che appartengono a una visione maschiocentrica dei rapporti
umani. Urgeva sottolineare, affinché fosse messa in luce la necessità di agire
su questo modo di pensare e di comportarsi. Si parla il più delle volte solo
delle donne, credo che bisogni parlare di uomini e di donne, il cammino per un
vero cambiamento va fatto insieme. Gli uomini devono accompagnare le donne in
questa lotta.
Pensi che ci possa essere un freno alla violenza di
genere?
Il cambiamento deve essere culturale, quindi il
percorso è lungo, ma se lo vogliamo dobbiamo impegnarci quotidianamente,
prestando attenzione alle parole, ai gesti sbagliati, vanno corretti sempre,
anche quando non ci appartengono, perché in definitiva viviamo tutti nella
stessa comunità. Il privato è politico. La violenza di genere è un problema
collettivo e tutti siamo chiamati in causa.
Il libro esaminato offre un contributo in tale
direzione?
La scrittura ti apre la porta, ti permette di entrare
in empatia con i sentimenti degli altri, di soffermarti sulle parole, sui
gesti, sui pensieri. Credo di sì, la lettura del mio libro propone spunti
disparati, invita al confronto, al dibattito sul tema. Leggerlo nelle
associazioni, nelle scuole, potrebbe offrire un buon contributo.