Santa Maria Capua Vetere, 2 Aprile – Il Caffè
letterario di Ortensia, che nasce come Associazione, le cui tre fondatrici
sono avvocati del foro di Santa Maria Capua Vetere, ogni lunedì organizzano un
convegno afferente al mondo delle donne, in remoto, viste le restrizioni dovute
alla pandemia.
L’invito del convegno di martedì 30 marzo è stato
rivolto alle donne palmesi: la dott.ssa Donatella Isernia, assessore
alle Pari Opportunità del Comune di Palma Campania e la scrittrice Michela
Buonagura, autrice del libro “Conto i passi-Storie di disamore, oggetto di
discussione, per una tematica sempre attuale ed importante: la violenza di
genere. Sono intervenuti: la prof.ssa Livia De Pietro, critica
letteraria, esperta in didattica della poesia e di genere, di Roma e originaria
di Palma, l’avv. Maria Antonietta Labianca, componente commissione
famiglia e minori del CDA di Bari, l’ avv. Rosangela Pilunni del
Foro di Cassino, la dott.ssa Letizia Servillo, psicologa,
psicoterapeuta sistemico-relazionale, la dott.ssa Tiziana Carnevale,
socia fondatrice “Spazio Donna”, il dott. Giovanni Verrillo, psicologo,
e le moderatrici avv. Giovanna Barca e avv. Francesca Della Ratta che
sono cofondatrici del ‘Caffè letterario di Ortensia’ con l’ avv. Fiorentina
Orefice.
Due ore di intensi interventi per una tematica di
grande interesse fluita dal libro della Buonagura che con i monologhi dà
voce alla sofferenza di donne violate, che reclamano la vita interrotta e le
riporta, come una sacerdotessa, dal buio alla luce.
Non è mai abbastanza parlare di violenza e gli esperti
l’hanno fatto a largo raggio, mettendo in risalto le loro esperienze
professionali e ponendo l’accento su vari aspetti del problema. Il dibattito si
è aperto con la recitazione della moderatrice Della Ratta, con la lirica ‘Conto
i passi’ che apre la strada ai monologhi.
…Conto i passi. Recito un mantra che squarci
il silenzio. Conto i passi. E ogni passo è una croce.
Dopo la presentazione dell’autrice sono seguite le
domande.
Com’è nata l’idea di trattare un argomento così
delicato come la violenza di genere?
“Il libro nasce da un impegno costante per i diritti
delle donne esercitato fin dalla gioventù, di educazione di genere come
docente, finalizzata al rispetto della donna, ma anche da un’attività
pluriennale contro la violenza sulle donne. Ho organizzato e partecipato ad
eventi e convegni sul tema. A tal proposito creai il gruppo facebook “Noi siamo
innocenti”, che riunisse artisti di vari campi che dessero il loro contributo
per attirare l’attenzione sul fenomeno. Prima dei monologhi è nata la lirica
Conto i passi che dà appunto il nome alla raccolta, versi nati dalla visione
dell’installazione collettiva d’arte pubblica Zapatos Rojos di Elina Chauvet,
l’artista messicana che ha esposto nelle piazze le scarpe rosse simbolo dei
passi interrotti delle donne vittime di violenza come monumento alla loro
memoria. La prima volta che le vidi io ne rimasi molto impressionata e da
questa emozione nacque appunto la lirica prima in lingua italiana e poi in
lingua napoletana. Poi accadde un tragico femminicidio qui, a Palma
Campania, il paese dove vivo. Una giovane donna, madre di due bambini, fu
uccisa. Il tragico avvenimento ispirò il primo monologo, Forbici. Organizzai
una manifestazione, coinvolsi associazioni, scuole, una mostra d’arte, il ballo
con la coreografia Break the chain, spezza la catena, di Eve Ensler, il ballo
simbolico per dire stop alla violenza. Seguirono altri eventi, in altri paesi”.
Hai preso spunto da fatti di cronaca?
“I miei monologhi si ispirano a fatti di cronaca anche
se liberamente tratti da quella che io definisco irrealtà, perché sembra più
irreale la realtà che ci circonda che l’invenzione letteraria, ma non solo,
anche a documentari, come nel caso della prostituzione delle bambine in
Tailandia, a Pattaia, delle giovanissime immigrate che sognano una vita
migliore e finiscono nella rete della prostituzione. Ma in generale, le storie
nascono come invenzione letteraria. La violenza è declinata a 360 gradi, da
quella fisica a quella psicologica. A parlare non sono solo donne vittime della
violenza di uomini brutali, ma anche testimoni che ne raccolgono le confidenze,
uomini convinti che il loro agire sia normale, condizionati da una cultura
maschilista e uomini che intraprendono invece un percorso di recupero per porre
fine ai comportamenti violenti, come esortazione a farsi aiutare prima di
commettere gesti irreparabili. Tante storie nascono dall’immaginare il dolore
vissuto dai personaggi a cui do voce, come nel caso dei figli del femminicidio
che restano segnati a vita, due volte orfani della madre che non c’è più e del
padre omicida in galera con il quale difficilmente potranno riprendere un
rapporto. Figli rapiti o uccisi come agnelli sacrificali per vendetta contro la
moglie o per recuperare il legame perduto. La violenza, il dolore non è solo
della vittima diretta, ma anche dei familiari sia della vittima che del
femminicida, come nel caso della madre il cui figlio è assassino e che per il
dolore impazzisce, tanto da proporsi come guida alla casa del mostro. Ho
rappresentato ciò che accade dopo l’omicidio, dopo che sono andati via i poliziotti,
la scientifica, con una donna che si ritrova a pulire il sangue della sorella
morta, le tracce dell’aggressione, del gesso che come un’urna ha segnato il
corpo della vittima. In vari monologhi si sottolinea il victim blaming, ossia la
tendenza a biasimare le vittime considerandole responsabili della violenza
subita, una tendenza che trova giustificazione in stereotipi, fino al
capovolgimento dei ruoli, come avviene ad esempio in un interrogatorio oggetto
di uno dei monologhi, dove la vittima viene ritenuta responsabile dell’
accaduto per come vestiva, per il comportamento avuto o altro. Gli stereotipi
maschilisti sono diffusi, attraversano tutta la scrittura ad evidenziare un
modo di pensare diffuso e deleterio”.
“Le storie sono 29,- conclude la Buonagura- un numero
dispari che indica un discorso incompiuto, perché la violenza sulle donne
assume talmente tante sfaccettature e implicazioni che resta sempre aperto”.
Gli esperti
intervenuti hanno trattato i vari aspetti della violenza di genere, che indica
tutte le forme di violenze, da quella fisica a quella psicologica, mettendo in
risalto come gli stereotipi così diffusi nel libro sono da considerare i
presupposti che portano alla violenza. Non sono mancate le discussioni sugli
obiettivi principali da raggiungere, sulla legislazione, sulle azioni da
intraprendere per prevenire i reati, punire i colpevoli, proteggere le vittime.
Il testo della Buonagura si presta bene alla discussione sulle problematiche
delle vittime di violenza, vittime di disamore dei loro padri, fratelli,
mariti, fidanzati, compagni di vita, amici, sconosciuti, offrendo spunti
interessanti di dibattito, confronti e riflessioni, ponendo infine l’accento
sull’importanza dell’educazione permanente come l’arma più potente per
sconfiggere la violenza.
La dott.ssa De Pietro, autrice della prefazione
del libro, ha sottolineato che la tematica le sta molto a cuore, in quanto
anche lei è stata immersa come esperta in questa realtà, anche con un lavoro
nelle scuole a darne il contributo. Il suo discorso è partito dalla letteratura
femminile attraverso un excursus sulle donne scrittrici che per lungo tempo non
hanno avuto valore. “Oggi le donne scrittrici hanno un nuovo spessore
scrivono argomenti di grande consistenza, superano gli uomini. Lo stesso libro
di Michela è di grande rilevanza per l’argomento trattato e per lo stile. Che
ben vengano questi scritti. Il monologo, come pure il flusso di coscienza,
utilizzati con sapienza nel testo, tecniche che lei adotta, rispondono in modo
efficace allo scopo, sono funzionali all’ indagine introspettiva adottata. Sono
le forme più adatte per la denuncia di un argomento così scottante. Il
monologo, infatti, pone al centro della narrazione la complessa dinamica della
vita psichica del personaggio di cui uno scrittore interpreta le percezioni
sensoriali in una sorta di autoanalisi continuata. Utilizzato nelle più
importanti opere letterarie del ‘900, richiede una forma di espressività tra le
più complesse. Scriverlo non è da tutti, lo stile esige una competenza che più
di altre forme di scrittura narrativa deve coinvolgere emotivamente il lettore,
trasformandolo da fruitore in agente del messaggio. I testi di Michela
Buonagura sortiscono tale effetto. I personaggi, sfregiati dalla violenza e
annullati nella morte, irrompono sulla scena chiedono al lettore-spettatore
pietas e lo trascinano al pathos. Talmente forti sono le storie dis-velate che
la stessa autrice a tratti ne prende le distanze e indossa la maschera
dell’ironia, con forzature grammaticali e lessicali, per non esserne straziata.”
Non dobbiamo stancarci di combattere la violenza di
genere con i molteplici interventi a disposizione: la tutela delle vittime di
maltrattamenti e violenza domestica, i piani d’azione antiviolenza, la rete di
case-rifugio, la formazione sulle tecniche di ascolto e approccio alle vittime,
di valutazione del rischio e individuazione delle misure di protezione.
La dott.ssa Isernia sostanzialmente ha
focalizzato l’attenzione su alcuni punti fondanti, tra cui quello relativo alle
radici culturali della violenza e quello del contrasto attuabile con una
rivoluzione culturale “Solo una concezione arcaica e patriarcale nella sua
accezione assolutamente negativa può generare una modalità di osservazione
della donna come proprietà privata sottomessa all’uomo, in un sistema che pone
al vertice il dominio maschile. Concezione appartenente ad alcune
persone che fin dall’infanzia cominciano ad inculcare nelle menti dei maschietti
che tutto ciò da intendere come femminile va rifiutato, disprezzato in quanto
ha significato di fragilità, debolezza. Da questa dinamica si genera il
sessismo, si impongono stereotipi negativi che vanno a creare disuguaglianze
nella relazione che da una parte rende difficile l’autonomia e la sicurezza
della donna e dall’altra lo sviluppo di quelle capacità necessarie, come
l’empatia, la convivenza, il dialogo intimo, e la manifestazione ed espressione
di sentimenti, di affetti.
Determinante è il ruolo della famiglia, nucleo
essenziale che ha il compito di tenere alti i valori dell’aggregazione
affettiva, dell’educazione, della solidarietà, del rispetto reciproco e della
capacità di stimolare nei ragazzi interessi formativi, ma tanto può fare anche
e soprattutto la scuola. “La scuola che ha potere di educare i ragazzi ad un
comportamento di contrasto, potrebbe mettere in campo l’alfabetismo emotivo,
ossia educare i ragazzi al controllo delle proprie emozioni. Lavorare sullo
sviluppo, sull’intelligenza emotiva dei giovani a scuola, e in ciò le scuole
Europee sono in avanti, come la Spagna, che ha dedicato delle ore al problema,
come se fosse una vera disciplina. E se le nostre Istituzioni Scolastiche si
facessero partecipi di questo bellissimo progetto, includendo nei soliti
programmi scolastici una tale progettualità dedicando ore all’alfabetismo
emotivo, forse, speranzosamente riusciremmo a veicolare le emozioni negative
dei ragazzi e direzionarli nella maniera giusta.
Non è mancato il riferimento a come l’emergenza
sanitaria abbia compromesso la donna vittima di violenza nel panorama attuale.
Nei contesti familiari dove la violenza è già alta, la convivenza forzata con
il carnefice ha fatto danni enormi, ancor più in presenza di disabilità,
argomento di cui non si parla mai, violenza non soltanto fisica, ma anche come
aggressione verbale, sottile, che scava nell’anima rendendo l’interlocutrice
sempre più fragile.
L’assessora Isernia ha concluso con un
messaggio positivo da ottimista qual è, mettendo in risalto che in questo
momento pandemico le donne si sono messe in gioco mostrando di saper dare prova
di fronteggiare le difficoltà in campo dell’economia, del lavoro, in una crisi
economica in cui già il Paese era attanagliato prima del Covid. Ne sono emerse
donne forti, attive, reattive, hanno dato prova di innovazione. In qualità di
assessora alle Politiche scolastiche Isernia ha ricordato:
“Il mio impegno nelle scuole del territorio è
assolutamente vivo e attivo, in particolar modo con le scuole superiori, nei
progetti relativi all’educazione civica e alla legalità. Abbiamo tenuto
convegni nel nostro liceo. Abbiamo realizzato un opuscolo con l’informativa
della violenza di genere, con le caratteristiche di un prontuario, dal quale si
possono trarre notizie importanti: lo sportello antiviolenza attivato presso il
comune e la possibilità di riferirsi ai contatti telefonici per aiuto
immediato. Questo opuscolo destinato, indirizzato e consegnato ai ragazzi
dell’I.S.I.S. Rosmini è stato particolarmente gradito e abbiamo tenuto un
convegno per presentarlo come amministrazione comunale. Siamo sempre pronti e
disponibili a trattare tutte le tematiche che possano in qualche modo essere
educative per i nostri ragazzi attivandoci non solo con parole ma con azioni concrete.
La dott.ssa Isernia ha concluso ringraziando le
colleghe presenti e in particolare la scrittrice Buonagura, della quale ben
conosce gli ideali, la ricchezza di pensiero e l’impegno profuso nel territorio
di appartenenza, una donna straordinariamente sensibile, che ha saputo
trattare il vissuto delle donne con una delicatezza di cui è capace solo un
animo sensibile come il suo.
Tutti gli intervenuti si sono dimostrati soddisfatti
dell’incontro, che ha dato la possibilità di confrontarsi e di arricchirsi su
tematiche di così grande valenza, esprimendo soddisfazione e giudizi entusiasti
sul libro Conto i passi di Michela Buonagura, un libro singolare che si può
apprezzare compiutamente solo leggendolo.
Adelina Mauro
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